(nella foto: la manifestazione del 2 dicembre 06 a Vicenza, contro la base americana)
Una grande base militare che serva come deposito di mezzi, armi e uomini pronti per essere utilizzati in medio-oriente per future guerre: questo è il progetto degli americani, che vogliono installare nella zona dell’aeroporto Dal Molin di Vicenza la base logistica della 173esima brigata avio-trasportata statunitense.
Nel progetto degli americani tutta la zona del “Dal Molin” che sorge a pochissima distanza dal centro della cittadina veneta, dovrà diventare zona militare.
In quella zona verranno depositati una sessantina di tank, 85 corazzati di vario tipo, 14 mortai pesanti semoventi, aerei spia, obici, postazioni lanciarazzi ecc. ecc. (l’elenco sarebbe lungo). Verranno costruite palazzine per alloggiare i circa duemila militari statunitensi che verranno qui stanziati e poi tutto ciò che serve a far esistere una base militare: supermercati, bar, palestre, campi sportivi, per far si che la base possa vivere autonomamente, come fosse un pezzo di Stati Uniti in Italia, senza dover entrare in contatto con il nostro territorio.
E’ così che funzionano le basi infatti: sono isole, zone dove lo stato italiano non ha sovranità, (non per niente si chiamano “servitù militari”). La differenza da quelle appartenenti alle forze armate italiane però, è che quelle americane sono coperte da segreto militare e non c’è verso neanche per la magistratura e il mondo politico (figuriamoci quello giornalistico) italiano sapere cosa accade al loro interno.
La costruzione della base a Vicenza non sarebbe una novità per l’Italia: nel nostro paese di basi americane ce ne sono infatti a decine. Alcune sono unicamente degli USA, altre appartengono alla NATO. Negli anni della guerra fredda avevano una forte utilità per gli USA, perché permette-vano ad essi di ammassare armi e soldati a poche centinaia di Km dall’Urss, ed è risaputo che la nostra penisola aveva un alto valore strategico perché situata a metà fra quello che era il blocco Nato e quello che era il blocco sovietico.
E’ stato scoperto negli anni recenti che molte basi USA in Italia servivano come “nascondiglio” per uomini impegnati in missioni speciali dei servizi segreti, come avvenne per la formazione GLADIO. (tutto questo è uscito fuori soltanto all’inizio degli anni 90, cioè dopo il crollo dell’URSS).
La storia d’Italia è stata profondamente influenzata dagli americani dalla fine della seconda guerra mondiale alla caduta dell’Urss e questo anche grazie alla presenza sul nostro territorio di queste basi, che permettevano un maggiore controllo e l’azione dei servizi segreti in alleanza con personaggi italiani.
Da noi la guerra fredda si è combattuta così.
Ma oggi, con la guerra fredda finita da un pezzo, come mai agli americani interessa ancora il nostro territorio?
Il fatto è che gli americani sono impegnati oggi nella cosiddetta “guerra al terrore”, volta a “distruggere” il terrorismo. Per il presidente Bush e la sua amministrazione esistono “stati canaglia”, paesi cioè pericolosi per l’occidente, che vanno contrastati anche in campo militare. Bush la chiama “guerra per la libertà”, ma molta gente ha seri dubbi su questa motivazione e trova invece il vero motivo di queste “guerre preventive” nell’interesse degli americani a controllare zone del mondo ricche di risorse naturali come petrolio e gas. Motivi economici insomma.
Le basi americane dislocate in Italia servirebbero perciò (e sono già servite) come rampa di lancio avanzata per future azioni belliche in Medio-oriente, che è e sarà ancora a lungo una “zona calda”.
Dico che sono già servite perché soltanto tre anni fa, per la guerra in Iraq, centinaia di carri armati partirono dalle più grandi basi americane italiane a bordo di treni merci e poi imbarcati su navi militari.
Forse qualcuno ancora ricorda i blocchi ferroviari che alcuni gruppi anti-militaristi fecero in quell’occasione e che oggi devono rispondere di gravi accuse. Loro sono sotto processo, mentre chi ha bombardato siede ancora sulle poltrone del potere.
Il corteo del 2 dicembre.
Nel nostro paese, per fortuna, esiste una grossa fetta di popolazione che non ha in simpatia le guerre, e che a maggior ragione non vuole che il suo territorio venga usato come deposito di armi e come rampa di lancio per aerei carichi di bombe e carri-armati.
Perciò si ribella quando vengono prese decisioni dall’alto: è da mesi che a Vicenza i cittadini si danno da fare costruendo comitati, raccogliendo firme, facendo un’opera di informazione capillare per dire no alla base, e pochi giorni fa, il 2 dicembre, erano in 30.000 a manifestare il loro dissenso, venuti da tutto il centro-nord Italia.
Un grande successo per una città che conta solo 100.000 abitanti, e per una protesta che era partita da poche migliaia di persone.
E’ un vero peccato, oltre a una grave forma di disinformazione, che le televisioni non ne abbiano parlato il 2 sera e che soltanto alcuni giornali il giorno dopo ne abbiamo raccontato la cronaca.
Sara, studentessa che il 2 era a Vicenza a sfilare insieme a quei trentamila, racconta a Carta Vetrata: “c’era tantissima gente, praticamente tutta la città era in piazza. Davanti all’aeroporto Dal Molin, dove dovrebbe sorgere la base, alle finestre di tutte le villette c’era una bandierina bianca con scritto “No Dal Molin”. Nel corteo c’era tantissima gente di Milano, di Trieste e di Firenze, anche un sacco di bambini con le famiglie. Fra gli slogan più efficaci scritti sugli striscioni c’era: “L’Italia non si U.S.A.”, e poi quello storico “via l’Italia dalla NATO via la NATO dall’Italia. Vicenza si sta dando da fare tantissimo, raccolgono firme, organizzano assemblee anche nei paesi vicini...”
Oltre a dichiarare il loro rifiuto alla guerra i manifestanti motivano il loro no all’arrivo degli americani con la questione ambientale, (l’impatto di una base così grande sarebbe certamente imponente per il territorio, con cementificazione, continui movimenti di mezzi militari), con la questione sociale (vivere a pochi passi da una base colma di materiali bellici e con oltre duemila soldati non è cosa da poco, e altri episodi in giro per l’Italia testimoniano che può diventare un serio problema per la società che vive lì).
Come sempre c’è anche chi si dissocia dalla protesta. Per lo più sono alcuni commercianti o persone che in qualche modo ricaverebbero profitto dall’arrivo degli yankee.
Una manifestazione di trentamila persone non è cosa da poco, e ci si chiede cosa farà ora il governo. Il ministro della Difesa Parisi e degli esteri D’Alema, hanno detto nelle settimane scorse che il progetto della base è “compatibile con le politiche di difesa del nostro paese”. Ma poi non si sono più pronunciati.
La cosa certa però, vada come vada, è che gli americani troveran-no a Vicenza una resistenza tenace e decisa, resistenza che abbiamo già visto nei mesi e negli anni scorsi più volte in Italia: c’è infatti un nuovo modo di fare politica in questo paese, che non avviene più solamente sotto le bandiere dei partiti, ma che parte dai cittadini singoli, riuniti in comitati ed associazioni.
Moltissime lotte sociali di questi “anni 2000”, in Italia, hanno la caratteristica di essere mobilitazioni di cittadini, rivolte locali, che rivendicano il diritto a decidere su cosa si debba fare del territorio in cui vivono rifiutando decisioni imposte dall’alto, dallo stato centrale.
E’ il caso di Scanzano Jonico, di Acerra, della val di Susa, del ponte di Messina, delle battaglie contro la privatizzazione degli acquedotti…
Le ultime notizie.
9 gennaio 2007.L'ambasciatore americano Ronald Spogli, in visita a Vicenza, viene fortemente contestato da alcune centinaia di manifestanti. La sua auto è stata bloccata, e la polizia ha caricato i manifestanti. Una persona è rimasta ferita.
L'ambasciatore era a Vicenza per una serie di incontri istituzionali, e probabilmente per tastare il terreno in vista della possibile costruzione della base.
15 gennaio 2007. La maggioranza al parlamento si divide sulla base di Vicenza: Prodi prende tempo e non dice nè si nè no, mentre dai vari partiti della coalizione di centrosinistra arrivano prese di posizione diverse e opposte. La sinistra radicale (rifondazione comunista, comunisti italiani e verdi)sono nettamente contro la costruzione della base USA, e hanno infatti condiviso fino ad ora le proteste svoltesi nella cittadina veneta, ma la parte più moderata della coalizione si dice invece a favore, affermando che dire no alla base sarebbe un atto anti-americano.
Mi chiedo: è un atto anti-americano rinunciare ad essere ancora una volta servi della nazione più potente del mondo, donandogli pezzi di territorio per azioni belliche che neanche condividiamo?
http://www.repubblica.it/2007/01/sezioni/cronaca/base-nato-vicenza/base-nato-vicenza/base-nato-vicenza.html (sui fatti di questi ultimi giorni)
(Lor.Pas)
1 commento:
Grazie per aver parlato della nostra lotta! di seguito l'appello per la manifestazione nazionale del 17 febbraio. Presidio Permanente NO DAL MOLIN
APPELLO ALLA MOBILITAZIONE
17 FEBBRAIO: MANIFESTAZIONE NAZIONALE A VICENZA
IL FUTURO è NELLE NOSTRE MANI:
DIFENDIAMO LA TERRA PER UN DOMANI SENZA BASI DI GUERRA
Presidio Permanente, Vicenza
23 gennaio 2007
Dopo che per mesi Governo e Comune si sono rimpallati la responsabilità della decisione, l’Esecutivo nazionale ha ceduto all’ultimatum statunitense: «il Governo non si oppone alla nuova base Usa», ha sentenziato Romano Prodi. Dopo appena due ore, migliaia di vicentini sfilavano per le strade del centro cittadino.
Chi pensava di aver chiuso la partita ha dovuto ricredersi, perché Vicenza si è mobilitata, ha Invaso le strade, ha costruito il presidio permanente.
Otto mesi di mobilitazioni, culminate con la grandiosa manifestazione dello scorso 2 dicembre – quando 30 mila persone sfilarono dalla Ederle al Dal Molin, hanno dimostrato la forte contrarietà della popolazione alla nuova installazione militare. Ma il Governo, dopo aver più volte ribadito la centralità dell’opinione della comunità locale, ha ceduto agli interessi economici e militari.
In tutto questo pesa come un macigno anche la posizione dell’Amministrazione Comunale che, forte dell’assenso dato dal Governo Berlusconi all’operazione, prima ha nascosto ai cittadini il progetto per tre anni e poi, snobbando la contrarietà della popolazione, lo ha approvato durante un Consiglio Comunale blindato e contestato; infine ha negato ai cittadini la possibilità di esprimersi attraverso il referendum.
Nonostante tutto questo a Vicenza è successo qualcosa di nuovo: Vicenza non si è arresa alle imposizioni. In questo percorso abbiamo trovato donne e uomini, studenti e anziani, lavoratori e professionisti; li abbiamo incrociati nelle mobilitazioni, abbiamo discusso con loro alle assemblee pubbliche ed ai convegni. Insieme abbiamo costruito il Presidio Permanente, un luogo attraversato da migliaia di persone in pochi giorni.
Vicenza non si è arresa alle imposizioni.
Vicenza non vuole una nuova base militare al Dal Molin.
Vicenza si è mobilitata.
Migliaia di persone hanno occupato i binari della stazione appena due ore dopo la conferenza stampa di Romano Prodi; e nei giorni successivi una serie di iniziative, dalla manifestazione degli studenti ai presidi in Municipio e in Prefettura, hanno confermato la determinazione dei cittadini.
La nostra città ha riscoperto la dimensione comunitaria e popolare, ha riattivato le reti di solidarietà che in altri contesti – per esempio a Scanzano Ionico o in Val di Susa – hanno permesso di fermare dei progetti devastanti.
Da ogni parte d’Italia ci è arrivata un immensa solidarietà, un caloroso sostegno. Manifestazioni e presidi si sono svoltI in questi giorni in ogni angolo del Paese. Contro una scelta contrastata dalla comunità locale ovunque si manifesta e si discute.
Il nostro cammino è appena all’inizio. Nulla si è concluso con l’espressione del parere governativo. Cittadini, associazioni e organizzazioni sindacali hanno deciso di opporsi; molti parlamentari si sono auto-sospesi. Vicenza vuole fermare questo scempio, se necessario anche seguendo l’invito di molti a mettere pacificamente in gioco i propri corpi.
Vogliamo dare una voce unitaria, pacifica e determinata a questo sdegno. Vicenza chiama tutti a mobilitarsi contro la militarizzazione di una città, contro la costruzione di una base che sorgerà a meno di due chilometri dalla basilica palladiana, consumerà tanta acqua quanta quella di cui hanno bisogno 30 mila cittadini, costerà ai contribuenti milioni di euro (il 41% delle spese di mantenimento delle basi militari Usa nel nostro territorio è coperto dallo Stato Italiano), sarà l’avamposto per le future guerre.
Vicenza vuole costruire una grande manifestazione nazionale per il 17 febbraio; vogliamo colorare le nostre strade con le bandiere arcobaleno e quelle contro il Dal Molin, ma anche con quelle per la difesa dei beni comuni e della terra, del lavoro e della dignità e qualità della vita. Un corteo plurale e popolare, capace di aggregare le tante sensibilità che in questi mesi hanno deciso di contrastare il Dal Molin, perché siamo convinti che le diversità siano un tesoro da valorizzare così come l’unità sia uno strumento da ricercare per vincere questa sfida.
Ai politici e agli uomini di partito che condividono la responsabilità di Governo locale e nazionale rivolgiamo l’invito a partecipare senza le proprie bandiere; vi chiediamo un segno di rispetto verso le tante donne e i tanti uomini che in questi giorni si sono sentiti traditi dai partiti e dalle istituzioni; vi chiediamo, anche, di valorizzare la scelta di quanti, in questi giorni, hanno scelto di dimettersi o auto-sospendersi in segno di protesta. Una protesta che, auspichiamo, dovrà avere ulteriori riscontri se il Governo non recederà dalle sue decisioni.
Noi siamo contro il Dal Molin per ragioni urbanistiche, ambientali, sociali; ma, anche, perché ripudiamo la guerra. Proprio per questo non accettiamo alcun vergognoso baratto con il rifinanziamento della missione in Afghanistan.
La nostra lotta non si è esaurita. A Vicenza, il 17 febbraio, contro ogni nuova base militare, per la desecretazione degli accordi bilaterali che regolano la presenza delle basi, per la difesa della terra e dei beni comuni, per un reale protagonismo delle comunità locali e dei cittadini.
Il futuro è nelle nostre mani: difendiamo la terra per un domani senza basi di guerra.
Il 17 febbraio tutti a Vicenza!
Presidio Permanente contro il Dal Molin
Per info e adesioni nodalmolin@libero.it
Web www.altravicenza.it
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