12 dicembre 2006

Le stragi di stato

[a breve verrà inserito l'articolo]

10 dicembre 2006

Cile: è morto Pinochet

Cile, 10 dicembre 2006. Il vecchio generale Pinochet è morto. Alcuni, quelli per cui la dittatura militare era giusta, quelli che non hanno mai voluto guardare in faccia il volto reale di quel regime, piangono. Ma tanta gente scende per le strade del Cile e festeggia. E’ pero un festeggiamento amaro perché Pinochet non ha scontato un solo giorno di galera per ciò che ha fatto e sono in tanti a non poter “festeggiare”, perché ammazzati dal suo regime.
Quella che vi racconto ora è la storia recente di una dittatura che ha colpito al cuore il Cile, paese dell’America latina stretto fra le Ande e il Pacifico e di una brutta storia di impunità.

1970, Cile.
Dopo una intensa campagna elettorale, il candidato socialista Salvador Allende, a capo del Fronte di Unidad Popolar, vince le elezioni andando alla guida del paese. E’ la prima volta nella storia che un governo socialista va al potere in modo democratico, senza servirsi di una rivoluzione.

(nella foto: Salvador Allende)

Una volta al potere avanza alcune riforme importanti: nazionalizza le miniere di rame (grande risorsa del paese), statalizza le banche private ed il commercio estero, dà impulso a una riforma agraria che favorisce forme collettive di produzione (in un paese dove il latifondo era ancora diffusissimo). Il governo Allende non ha però vita facile. Il Cile entra in una grave crisi economica, acutizzata dal blocco dei finanziamenti da parte delle banche private americane e dagli scioperi nel settore dei trasporti. Oggi sappiamo che il governo statunitense di Nixon fece di tutto perché il governo Allende cadesse, finanziando scioperi e preparando la strada a quella che sarà una delle dittature più feroci del XX secolo. Del resto non era accettabile per gli USA che uno stato dell’America del sud diventasse “comunista”!

Il sud America, parola di Nixon, doveva essere “il giardino di casa” degli Stati Uniti. Un territorio da usare quindi, da cui prendere le risorse senza problemi.

L’ 11 settembre 1973,
aerei delle forze armate bombardano “La Moneda”, il palazzo presidenziale. Colonne di carri armati occupano le strade della capitale, Santiago del Cile:è iniziato il golpe militare. Il presidente Allende , asserragliato all’interno del palazzo presidenziale si difende in armi assieme a un drappello di deputati e sostenitori, ma cade nella battaglia.
Prima di morire però, parla a radio Magellanes, i cui microfoni si trovano proprio dentro il palazzo. La sua voce viene ascoltata da migliaia di cileni, in tutto il paese. Quel discorso, disturbato dai rumori di fondo delle bombe, si concludeva così: “altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore.Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il mio sacrificio non sarà invano, sono certo che, almeno, sarà una lezione morale che castigherà la fellonia, la codardia e il tradimento”.

Poi tutto si spegne, la radio non trasmette più e il Cile piomba nel buio.
Nel primo giorno del golpe vengono fatti rastrellamenti in tutte le città del paese; le forze dell’ordine arrestano chiunque agli occhi del regime risulti “pericoloso”, dissidente.

Migliaia di persone vengono ammassate in caserme, palestre e stadi sportivi. Nello stadio di calcio di Santiago del Cile per esempio, vengono deportate circa settemila persone soltanto nei primi giorni della dittatura. Molte di queste saranno torturate e fucilate negli spogliatoi,nei sotterranei. E’ qui che muore Victor Jara, cantautore cileno autore di canzoni stupende come “Te recuerdo Amanda”, “A desalambrar!”, “Duerme negrito”: canzoni di rivolta, che cantavano di minatori sfruttati, che rivendicavano il bisogno di “terra per tutti” dei contadini miserabili, che cantavano le rivoluzioni in atto in altri paesi dell’America latina. Poesie di rivolta accompagnate dal semplice suono della chitarra. Cose che il regime non poteva accettare. E che quindi stroncò.

Anche Pablo Neruda, grande poeta, anche lui cileno, muore proprio a pochi giorni da quel tremendo 11 settembre, nella sua residenza di Isla Negra. Muore per un cancro, ma i militari fanno in tempo a perquisire più volte la sua casa, ed è famosa la frase che lui avrebbe detto rivolto a loro: “guardatevi intorno: c’è una sola forma di pericolo qui, per voi: la poesia ”. (Bellissimo a riguardo il film “Il postino”di Massimo Troisi, tratto dal romanzo di Skarmeta).

La dittatura militare, guidata dal generale Augusto Pinochet, durerà per diciassette anni.
Purtroppo ebbe un appoggio consistente da quella parte di società che aveva osteggiato Allende, da coloro che credevano realmente che fosse meglio la mano ferma dei militari piuttosto che un governo socialista, un governo “rosso”.

Ci furono però anche anti-comunisti che si diedero da fare clandestinamen-te per salvare dalla tortura e dall’uccisione molte persone. Quella era una dittatura feroce, dove si spariva dalla circolazione per le idee, per la propria attività politica, per le canzoni o i libri scritti, o soltanto per un sospetto. Dove le forze armate entravano di notte nelle case strappando dal sonno ragazzi e ragazze, uomini e donne, portandoli via per sempre dalle loro famiglie, dagli amici, dagli amori. Una dittatura durante la quale furono bruciati libri, uccisa ogni forma di arte, di pensiero libero, di stampa libera.

La libertà in Cile fu uccisa a fuoco lento, per 17 anni.

Ma per mantenere il consenso la dittatura dovette nascondere molto di ciò che faceva; non sarebbe durata così a lungo se avesse reso visibili i massacri che stava portando avanti.
Già, massacri.
Perché negli anni che vanno dal 1973 al 1990 in Cile sono morte migliaia di persone. Più di tremila…Molte di queste morti non venivano “ufficializzate”. In spagnolo “scomparso” si dice “desaparecido”: migliaia di desaparecidos popolarono il Cile, come anche l’Argentina, per quasi vent’anni. Persone che un giorno sono state portate via dalla polizia, arrestate, e sono sparite per sempre. Quanti familiari ed amici ne hanno chiesto notizie negli anni, fino alla pazzia, ricevendo sempre la stessa risposta: scomparsi, desaparecidos.

Oggi sappiamo con certezza che furono ammazzati, gettati nottetempo in fosse comuni, lontano dagli occhi di chi non voleva vedere, o di chi non immaginava il vero volto della dittatura militare.

C’è un libro stupendo, un romanzo, che racconta di tutto questo. Della dittatura, di come certa parte del popolo cileno ignorasse (o volesse non vedere) cosa stava accadendo, dei desaparecidos, e di un amore che nacque mentre tutto questo avveniva. Si chiama “D’amore e ombra”, ed è scritto da Isabel Allende, nipote di quel Salvador Allende ammazzato il primo giorno del golpe.

Furono tanti i cileni che scapparono dal loro paese con documenti falsi, ma molti di loro furono catturati dalla polizia degli stati confinanti come l’Argentina e la Bolivia, dove c’erano dittature militari spietate molto simili a quella cilena. Alcuni riuscirono a mettersi in salvo buttandosi dentro i muri di cinta delle ambasciate
europee, compresa quella italiana. Le ambasciate organizzavano, tra mille difficoltà, la loro fuga. Ed è in Italia che moltissimi cileni sono rimasti in esilio per tanti anni, ricevendo peraltro una solidarietà che non dimenticano. Ne è una prova il tributo che il famoso gruppo musicale cileno degli Inti Illimani, che per caso si trovava in Italia per una tournee il giorno del golpe, ha fatto al nostro paese col suo album “Viva Italia!”.

La DINA
Il regime di Pinochet si avvalse di una polizia segreta famigerata, che aveva il compito di assassinare uomini politici scomodi per la dittatura, anche all’estero: è il caso del democristiano cileno Leighton che stava preparando, dall’esilio, un piano di riscossa democratica per il suo paese.
Viene ammazzato a Roma nel 1974, in via Aurelia, da uomini italiani assoldati dalla DINA. Si trattava con molta probabilità di appartenenti al gruppo fascista Avanguardia Nazionale, il cui capo era Stefano Delle Chiaie, uomo peraltro legato anche a una parte dei servizi segreti italiani. Guarda caso questo stesso gruppo è autore di quella strategia della tensione che doveva portare anche l’Italia a una svolta autoritaria, compiendo stragi nelle piazze e sui treni.

1983: prove di rivoluzione
Nell’83 il Cile vive giorni di alta tensione, che accendono speranza in molti. Vengono coraggiosamente proclamate, una volta al mese, manifestazioni che chiedono il ritorno alla libertà.
La polizia risponde sempre coi fucili, e muore molta gente. Il mondo inorridito assiste alle scene di manifestazioni represse nel sangue, di blindati che sparano sui manifestanti colonne di acqua lercia con gli idranti. La repressione è sempre più forte, e chi aveva tentato di rialzare la testa viene irrimediabilmente schiacciato, di nuovo. Muore nuovamente il sogno di libertà.
Intanto nel paese sono nati clandestina-mente gruppi guerriglieri che cercano di contrapporsi alle forze dell’ordine: il 7 settembre del 1986 uno di questi, il Frente Patriotico Manuel Rodriguez, tenta un attentato a Pinochet. L’operazione si chiama “siglo vente” ed è raccontata in un libro bellissimo, “pallide bandiere” scritto da Paco Ignacio Taibo I, che la racconta in modo romanzato. I guerriglieri attaccano armati di bazooka il corteo presidenziale durante uno spostamento del generale, ma qualcosa va storto e l’agguato fallisce. Muoiono gli uomini della scorta. Pinochet non solo sopravvive ma ha la scusa per rinforzare ancor di più il suo potere, agitando lo spauracchio del “pericolo comunista” e convincendo tanti ben pensanti che sia meglio la dittatura di un paese libero. E la notte in Cile continua.

Poi, tutto questo è finito.
Dopo un referendum svoltosi nel 1988, per decidere se Pinochet dovesse rimanere o no al potere, e che ha deciso di NO, la sera dell’11 marzo 1990 si svolge la cerimonia di saluto del generale.

La dittatura, dopo diciassette anni, è finita.
Inizia il lungo e difficile periodo di transizione verso la democrazia piena, che non è certo facile riacquisire dopo quasi vent’anni di governo tenuto in piedi con il terrore, con la violenza.
E con la transizione iniziano anche i processi, i tentativi di smascheramento delle tante stragi compiute dai militari in tutti questi anni. Viene nominata una commissione di indagine sui delitti della dittatura, ma non è facile trovare giustizia in un paese dove le forze armate sono ancora molto potenti, dove chi ha commesso crimini può permettersi di fabbricare depistaggi e prove false per non essere accusato.

Nel 1991 esce fuori lo “scandalo” del cimitero di Santiago: si scopre che molte tombe contengono ciascuna i resti di due ed anche tre vittime della repressione. Augusto Pinochet risponde così alla scoperta: “avete visto come si economizzava!”.

Ma non solo nel cimitero di Santiago si scoprono i resti dei desaparecidos; in tutto il Cile sono tanti, tantissimi quelli che sono stati seppelliti nascostamente, per anni, e che lentamente vengono rinvenuti.

La democrazia cilena vive un giorno importante all’inizio del 2000, quando vince le elezioni il socialista Ricardo Lagos: dopo trent’anni esatti, i socialisti sono tornati al potere. Ma nel frattempo il mondo è cambiato, e la stessa idea di socialismo al potere è molto differente da quella praticata da Allende. L’economia del paese è stata trasformata nei quasi vent’anni di dittatura, non c’è più spazio per quegli ideali di giustizia sociale degli anni 70, di cui si era fatto promotore Allende. Il capitalismo americano regna ormai in tutto il mondo, e il nuovo socialismo è solo uno sbiadito ricordo di quello vecchio.

La cattura
Il 16 ottobre 1998, mentre si trova a Londra in un albergo, Pinochet riceve la visita di agenti di Scotland Yard che gli consegnano un mandato di cattura emesso dal giudice spagnolo Garzon. I motivi sono tanti, dall’abbattimento della democrazia cilena attraverso l’uso della forza alla responsabilità in decine di omicidi, e a quella di aver organizzato il “Plan Condor”.
Pinochet rimane per quasi un anno e mezzo agli arresti domiciliari a Londra, mentre si apre un lungo contenzioso su cosa si debba fare di lui: la Spagna in primis, ma anche la Francia, la Svizzera e il Belgio vogliono che venga estradato nei loro paesi, e lì giudicato per i crimini che ha commesso.

Ma il 2 marzo del 2000 arriva il colpo di scena: Pinochet, che ha 85 anni ma gode di buona salute viene giudicato “incapace di sostenere un processo” perché “presenta difficoltà nell’apprendere e non ricorda fatti recenti e del passato”.
Un infermo dunque, quasi un malato di mente, e in quanto tale non
processabile. Viene così liberato.
Un aereo delle forze armate cilene lo riporta in patria il 3 marzo del 2000, dopo varie deviazioni nei cieli del pianeta, per evitare di fare scalo in paesi che richiedono il suo arresto.

In Cile lo attendono all’aeroporto i militari, che lo accolgono come un eroe, e sulla pista dell’aeroporto si consuma la beffa: davanti alle telecamere di tutto il mondo Pinochet si alza dalla sedia a rotelle su cui fingeva di esser malato, e torna a essere sano.

Le ultime
Per tutti questi anni il Cile ha dovuto assistere al brutto spettacolo di un processo che non ha mai dato un verdetto finale, mai una formula di accusa.
Soltanto il 13 dicembre del 2004 la Corte Suprema di Santiago ha dato il via libera agli arresti domiciliari di Pinochet. Una svolta storica, per un paese dove l’influenza del generale era ancora forte. Recentemente però quell’arresto è stato sospeso per l’aggravarsi delle sue condizioni fisiche.

(nella foto: Pinochet nel 1973)

La prima donna al potere
All’inizio del gennaio 2006, un nuovo fatto storico si è consumato in Cile: la candidata socialista Michelle Bachelet ha vinto con un ampio margine le elezioni presidenziali, diventando così la prima presidentessa del Cile. Peraltro questa donna, che è stata imprigionata e torturata durante gli anni della dittatura di Augusto Pinochet prima di andare in esilio, diventa anche il simbolo di un riscatto, di una voglia di supera-re definitivamente il passato di sangue della dittatura fascista.
Molto altro c’è ancora da dire sul Cile, sui problemi di politica interna, della povertà, degli indigeni Mapuche che rivendicano maggiori diritti, delle lotte sociali. Tutto questo avrà spazio in un altro articolo.

Prima di chiudere però, è importante una nota: il golpe militare di Pinochet in Cile è stato parte di un quadro più vasto, che ha visto la nascita negli anni 70 di dittature militari in molti altri paesi del sud America fra cui Argentina, Brasile e Bolivia. Questo piano, chiamato “Piano Condor”, prevedeva di eliminare tutti gli oppositori politici con operazioni congiunte dei servizi segreti. L’appoggio operativo, politico ed economico a questo piano terroristico era dato dalla Cia, cioè i servizi segreti americani.
Ecco perciò il motivo per cui risulta strano conoscendo questi fatti STORICI l’intento attuale degli Usa di Bush di “esportare democrazia” nel mondo con la loro guerra al terrorismo. Come si può credere a un paese che ha finanziato dittature sanguinarie per il solo scopo di continuare ad avere il controllo economico di certe zone, quando ci dice che lo scopo delle sue guerre è di lottare contro il terrorismo per il bene dell’umanità? Quello attuato in Cile, in Argentina, in Nicaragua eccetera, fu terrorismo.

Lorenzo Pasqualini