09 maggio 2008

29 gennaio 2008

Universita' blindata

da "il manifesto" del 18 gennaio 2008 - articolo di Stefano Milani
Una Sapienza in assetto militare
Università presidiata da carabinieri e polizia. Gli studenti protestano ma rimangono fuori

Mancava solo il filo spinato e il cartello ad avvertire il «limite invalicabile». Per il resto c'era tutto. C'erano i poliziotti in tenuta antisommossa a presidiare ogni varco. C'erano i blindati col motore acceso pronti a caricare. C'erano gli elicotteri a controllare tutti dall'alto. Ma, soprattutto, c'era un'aria tesa, un clima surreale. Erano anni che non si vedeva la Sapienza militarizzata in questo modo. E forse così non lo è mai stata, neanche guardando al '77.Perché nonostante il papa abbia fatto marcia indietro e declinato l'invito accademico, per la prima università della capitale non è cambiato nulla. Doveva essere blindata, e blindata è stata. Come da programma. E allora: si entra solo esibendo il tesserino universitario e con un documento di riconoscimento. Gli studenti sono colti di sorpresa, anche chi chiedeva semplicemente di poter andare a frequentare le lezioni o sostenere esami. Niente, «disposizione dall'alto», rispondono laconici gli agenti. E' il jolly dell'ultima ora uscito dal mazzo del rettore Renato Guarini. Una «ritorsione bella e buona» secondo gli studenti dei collettivi, in risposta allo «smacco» del rifiuto papale.Ma anche per chi riesce a varcare la soglia dell'università lo scenario rimane immutato. Nei viali interni alla cittadella una ragnatela di transenne antipanico limita gli spostamenti dei pochi studenti presenti in zona e delimita uno spazio di sicurezza dietro e davanti il rettorato, intorno alla statua della Minerva. Sono le 11 e all'interno dell'Aula Magna Mussi e Veltroni sono impegnati a parlare di Laicità e Sapere. Fuori, accanto alla facoltà di Giurisprudenza, qualche decina di militanti di Azione giovani, l'organizzazione studentesca vicina ad Alleanza nazionale, inneggia slogan pro Ratzinger. Saranno gli unici cori consentiti all'interno dell'università.Perché chi dissente dal cerimoniale ufficiale rimane fuori. Faccia a faccia con gli agenti in tenuta antisommossa, schierati in difesa di non si sa bene cosa. «Terroristi» e «sanguinari», come molta stampa li ha definiti in questi giorni, rei di aver impedito al pontefice di inaugurare l'anno accademico. Bloccati all'entrata di via De Lollis per «ragioni di ordine pubblico». Sono i collettivi universitari e la Rete per l'autoformazione, organizzatori della protesta, a cui si sono aggiunti anche i Cobas (con Piero Bernocchi in testa), i No Vat, Megafono Rosso, i centri sociali e i comitati di lotta per la casa.C'è anche il deputato del Prc Francesco Caruso, che ottiene il permesso di andare a parlare con Guarini per chiedere l'apertura dei cancelli. A tutti però, studenti della Sapienza e non. «La decisione è della questura», risponde frettolosamente il Magnifico. «E' quanto richiesto dal rettore», lo sbugiarda il commissariato di polizia.In questo contesto tragicomico, tutto rimane immobile. E gli studenti restano fuori, con i loro cori e i loro striscioni di dissenso. «Imbavagliare la critica uccide l'università», urlano. «Quello accaduto oggi è un fatto gravissimo», dice Giorgio Sestili del coordinamento Collettivo, perché «nel fare entrare solo gli iscritti della Sapienza si è chiuso un luogo che è pubblico. Alla protesta avevano aderito anche associazioni e organizzazioni venuti da altre università. Così si impedisce alle persone di esprimere il loro dissenso, una cosa del genere non si è mai vista nemmeno negli anni più bui della nostra storia».Ma il rettore fa orecchie da mercante e rimane fermo sulle sue posizioni. «Mi sono rifiutato di discutere le ragioni di estremisti che cercano di istigare al disordine e all'odio senza nessun ideale e suggerimento costruttivo», dirà in tarda serata e solo quando, dentro e fuori l'ateneo, sarà tornata la calma.Unica concessione, un breve corteo intorno alla città universitaria. Sempre sotto lo sguardo vigile delle forze dell'ordine e per il tempo necessario a far uscire Mussi e Veltroni dall'ateneo scongiurando così spiacevoli contestazioni. Che però arrivano lo stesso. Solo nel primo pomeriggio torna la calma. A piazzale Aldo Moro si riaprono i cancelli e gli studenti possono così rientrare all'interno della cittadella senza alcun controllo e lasciando in tasca il tesserino. Così come i ragazzi dei collettivi che, finita la «Frocessione» per le strade di San Lorenzo, hanno potuto rivedere la statua della Minerva al grido di «ci riprendiamo l'università».

Luis Sepulveda solidarizza con gli studenti de La Sapienza

Lo scrittore cileno Luis Sepulveda, autore di romanzi come "il vecchio che leggeva romanzi d’amore" e "Patagonia express", ha appoggiato le proteste degli studenti e dei professori dell'Universita' romana La Sapienza contro la visita del papa, scrivendo da Gijon (città delle Asturie, in Spagna) un articolo pubblicato sull’edizione cilena di "Le monde diplomatique". L’articolo può essere letto in lingua originale a questo indirizzo:
http://www.lemondediplomatique.cl/Eppur-si-muove.html

Ecco la traduzione dallo spagnolo:


EPPUR SI MUOVE (in italiano nel testo)

Si sa che gli anziani hanno regressioni mentali che li portano, talvolta, ai tempi più felici, pieni e
intensi della loro vita. Qualcosa del genere deve essere successo a Ratzinger quando ha affermato che all’epoca di Galileo la chiesa fu più fedele alla ragione che lo stesso Galileo.

Talvolta torna ai felici anni da inquisitore, durante i quali infierì, per esempio, contro i difensori della Teologia della Liberazione, quel puro esercizio della ragione che diceva di mettersi accanto ai poveri.
Oppure, peggio ancora, è possibile che le sue regressioni mentali lo riportino ai tempi della Gioventù Hitleriana, quando la ragione del cattolicesimo accettava e dava per buona la fandonia su cui si basa il nazismo: " da dio al re, dal re al popolo e dal popolo al fuhrer."

L’Università di Roma, in un’ impeccabile dimostrazione della forza che può e deve avere la società civile e laica, ha obbligato il Vaticano a sospendere una visita papale inesplicabile, perché se esiste al mondo un luogo che deve rimanere libero da fandonie, dogmi e superstizioni, questo è la Università.
[…]
L’esempio di ciò che è successo a Roma dovrebbe aprire la strada a una serie di risposte a domande che da molto tempo stanno nell’aria e che però, o per calcoli elettorali o per un abbassare la testa politicamente corretto, non si pronunciano a voce alta.

Alcune di queste domande a cui non si dà risposta sono: "fino a quando possiamo tollerare che orde di superstiziosi offendano la dignità delle donne attaccando le cliniche nelle quali si pratica l’aborto e che compiono con scrupolosità legale l’esercizio di un diritto?
E fino a quando permetteremo che un miserabile con la sottana si permetta di paragonare l’omosessualità con la pedofilia?
E fino a quando tollereremo che il clero si autodefinisca paladino dei Diritti Umani e affermi che il laicismo, essenza della democrazia, li mette in pericolo?"
Non possiamo concedere autorità e non possiamo permettere che si dia tanto ascolto, quando si parla di sesso, a persone che hanno rinunciato ad esso e che vedono esso unicamente come funzione riproduttiva.
Non possiamo permettere che i Diritti Umani siano invocati da coloro che non solo chiusero gli occhi quando essi venivano violati, ma che li aprirono molto bene per vedere il male che facevano i criminali, e per ottenere da essi una ricompensa in cambio del silenzio.

Questo fece la Chiesa cattolica nella Spagna di Franco, questo fece Pio XII durante il nazismo, così fece la Chiesa cattolica benedicendo i bombardamenti in Vietnam, questo fu il comportamento della Chiesa cattolica argentina, quando assolveva i torturatori prima e durante la "missione purificatrice" nelle carceri segrete.

Con il suo esempio, l’ Università di Roma ci dice che la difesa dello Stato aconfessionale e laico torna d essere un compito urgente, perché il laicismo è l’ultima cosa che ci rimane per preservare questa erie di conquiste che si chiamano Diritti Umani e Libertà.

IL costante indebolimento dello Stato, che a causa della globalizzazione e della conseguente politicizzazione dell’economia va cedendo funzioni (per questo si fanno le privatizzazioni) a imprese ultinazionali che non tollerano né morale né etica perché il loro unico fine è il lucro, lascia la società ndifesa e in mano alla superstizione. Non è casuale il delirio di Ratzinger nel disprezzare la ragione di Galileo. E non lo è stato neanche la ua partecipazione in videoconferenza al primo atto della campagna elettorale della destra spagnola, rganizzato dai vescovi. Niente di quello che fa la chiesa cattolica, questa gigantesca multinazionale on sede nel Vaticano, banche incluse, connessioni mafiose incluse, è casuale, e non obbedisce certo aspirazioni divine.

Il clero sa bene che l’approfondimento delle libertà della società, la conquista dei diritti civili, la
crescita dell’educazione basata sui valori e non sulle tradizioni folcloristiche, dà come frutto società itelligenti, curiose, capaci di accettare il futuro come una sfida collettiva e non come una fatalità. Ratzinger e il Vaticano potranno condannare i giovani dell’Università di Roma, (già l’ha fatto il pusillanime Prodi a modo suo), le donne che abortiscono esercitando il loro diritto a essere padrone del proprio corpo, i ragazzi che studiano educazione alla cittadinanza, i giudici che sposano fra loro persone dello stesso sesso, gli scienziati che fanno ricerca con le cellule madri, ma è evidente che, proprio come disse Galileo: eppur si muove.

Luis Sepúlveda
Gijón, 16 de enero de 2008

(traduzione di L. Pasqualini)

Visita del papa: La Sapienza si ribella - RASSEGNA STAMPA

Alla Sapienza l'urlo dei no pope
aricolo di Stefano Milani tratto da "il manifesto" del 16 gennaio 2008

«Fuori il papa dall'università». Lo slogan simbolo di questi giorni è diventato, ieri, una certezza. Sono passate da poco le cinque del pomeriggio quando la notizia del dietrofront papale giunge alle orecchie degli studenti. Sono nel bel mezzo di un'assemblea dei collettivi, rinchiusi dentro un'aula di Scienze politiche. C'è da organizzare il lavoro, pianificare gli eventi, coordinare la fitta rete di appuntamenti della «settimana anticlericale» contro l'arrivo dell'ospite indesiderato. Ad un tratto squilla un telefono. Poi un altro. E un altro ancora. Si parla di voci, indiscrezioni, semplici dicerie ancora tutte da confermare. Ma basta fare un giro di telefonate a qualche amico, raggiungere qualcuno che ha davanti un computer e un collegamento Internet per avere la conferma desiderata.«Il papa non viene più». A battere sul tempo tutti è Giorgio Sestili, del coordinamento dei collettivi della Sapienza, che quasi non ci crede quando pronuncia la frase. «E' vero, è vero, lo dicono anche i siti internet», confermano altri. «Allora è ufficiale?». «Sì, sì abbiamo vinto!». La gioia a quel punto è incontrollata. Applausi, grida, pacche sulle spalle. «Fuori il papa dall'università»: il coro parte all'istante. I primi commenti a caldo sono euforici. «Ha vinto il corpo vivo dell'università». La «vittoria della laicità contro le ingerenze della Chiesa cattolica in uno spazio pubblico dove devono dominare la ragione e il dialogo», aggiunge Giorgio. Francesco Raparelli, della Rete per l'autoformazione, si spinge più in là, definendo la giornata di ieri «un'indicazione politica per il paese contro le ingerenze della chiesa cattolica in uno spazio pubblico dove devono dominare la ragione e il dialogo».Per assaporare fino in fondo questa «vittoria storica» (così la definiscono un po' tutti) si deve partire però dall'inizio. Da una giornata cominciata per i collettivi alle nove. L'appuntamento è davanti al dipartimento di Fisica. Il programma odierno prevede dibattiti, proiezioni di film, incontri, assemblee. C'è chi prepara i panini per il pranzo anticlericale, sempre a base di vinello e porchetta, chi si occupa di tappezzare il viale interno della città universitaria di volantini e manifesti dove l'effige di papa Ratzinger impazza in tutte le salse.Tutti si danno da fare aspettando le 12. Allo scoccare della mezza basta un cenno è la protesta dai corridoi delle facoltà si trasferisce fino al cuore dell'istituzione accademica: il rettorato. L'occupazione è fin troppo semplice. Si sale un piano e si entra dentro l'aula del Senato. Nessuno se lo aspettava. Neanche il custode, preso a sistemare le piante ornamentali appena arrivate per rendere più accogliente l'entrata papale in aula Magna. Arrabbiati sono arrabbiati, ma i toni rimangono pacifici. Ferme e chiare le motivazioni: «Per un sapere, una scienza e un'università laici. Perché il sapere non ha bisogno né di preti né di padroni». E ancora: «Perché l'università è una comunità di studiosi appartenenti a diversi orientamenti culturali, scuole di pensiero, indirizzi scientifici, credo religiosi e adesioni politiche, tutti ugualmente riconosciuti senza alcun privilegio». Vogliono un incontro con Renato Guarini, il rettore in persona, affinché dia loro il consenso a poter manifestare in concomitanza con l'arrivo del papa all'università. Un tira e molla di due ore, poi finalmente l'incontro col «magnifico» che li riceve promettendogli la libertà di manifestare. Certo, non si potrà farlo liberamente, ma si dovrà restare all'interno di un'area prestabilita, tra la statua della Minerva e la facoltà di Lettere, ma agli studenti va benissimo così. Basta vedere i loro sorrisi mentre abbandonano gli uffici del rettorato. Sorrisi non paragonabili a quelli che avranno da lì a poche ore con l'annuncio della Santa Sede che per i ragazzi è una liberazione.E adesso? No papa no party? Neanche per idea, la mobilitazione continua. Con o senza Ratzinger. Ora però gli obiettivi delle proteste studentesche cambiano prospettive. Attraversano il Tevere, e dal Vaticano passano direttamente ai palazzi della politica. Ora la «calda» accoglienza spetterà al ministro dell'università Mussi e al sindaco di Roma Veltroni. «E' uno scandalo - dice Francesco - che vengano dati miliardi di finanziamenti pubblici per strutture cattoliche che si occupano di cura, di assistenza e di formazione. Veltroni e soprattutto Mussi ci dovranno comunque spiegare perché in due anni non ci sono stati passaggi significativi sotto il profilo dei finanziamenti per l'università pubblica e per la ricerca».Confermati anche tutti gli appuntamenti della «settimana anticlericale». «Frocessione» compresa. Il corteo partirà giovedì alle 12 da piazzale Aldo Moro e sfilerà per le vie di San Lorenzo per «mettere a nudo», dicono gli organizzatori, «l'omofobia e la misoginia vaticane». Perché «non ci basta il Papa fuori dalla Sapienza, lo vogliamo fuori dalle nostre vite».

Il papa scende dalla cattedra: annullata visita a La Sapienza
articolo di Eleonora Martini tratto da "il manifesto" del 16 gennaio 08

Roma. «A seguito delle ben note vicende di questi giorni in rapporto alla visita del Santo Padre all'Università degli Studi di Roma La Sapienza, che su invito del Rettore Magnifico avrebbe dovuto verificarsi giovedì 17 gennaio, si è ritenuto opportuno soprassedere all'evento. Il Santo Padre invierà, tuttavia, il previsto intervento». È scarno il comunicato della sala stampa vaticana, ma l'effetto nel mondo politico italiano è deflagrante. E inevitabilmente le onde telluriche si propagano all'interno della città universitaria romana, investendo in particolare i 67 docenti del dipartimento di Fisica che avevano criticato l'invito del Rettore senza però mai appoggiare le proteste degli studenti. Ma la decisione di Ratzinger sembra sia stata presa più per un problema di immagine e non di sicurezza personale, almeno secondo il ministro degli interni Amato. Il Papa è stato «oggetto di un gravissimo rifiuto che manifesta intolleranza antidemocratica e chiusura culturale», accusa in una nota la Cei. D'altronde come avrebbe potuto il Santo Padre apparire davanti alle televisioni di tutto il mondo mentre fuori dell'Aula Magna imperversava quella che i vescovi italiani chiamano la «violenza ideologica e rissosa di pochi»? L'auspicio della presidenza della Cei è che l'ateneo possa tornare alla normalità «attraverso il ripristino dell'identità culturale e della funzione educativa dell'Università». Un brutto colpo per il Rettore Renato Guarini che fino all'ultimo aveva sperato, malgrado alcune voci che si rincorrevano già da un paio di giorni e che davano per possibile il colpo di scena. Ieri poi per tutto il giorno, Guarini aveva mediato con gli studenti, incontrandoli e promettendo loro spazi pur di non vedere amplificata e politicizzata la loro protesta. Tutto inutile. Quando a sera apprende «con rammarico» la notizia cede alla tentazione di puntare il dito contro «alcuni docenti che io chiamo "cattivi maestri"». «L'incontro con il Pontefice - recita la nota del Rettore - poteva rappresentare un momento importante di riflessione per credenti e non credenti su problemi etici e civili, quale l'impegno per l'abolizione della pena di morte».I «cattivi maestri» però non esultano anche se in molti considerano «saggia» la decisione del Papa. In particolare Marcello Cini, che dalle colonne del manifesto argomentò per primo il dissenso con Guarini.

«So benissimo che siamo stati bollati come intolleranti e saremo additati come estremisti - commenta Cini - ma non posso che ribadire che l'università è una comunità di studiosi che sulla base della loro parità dibattono delle questioni più svariate. Chiunque appartenga a questo luogo di dialogo per eccellenza ha tutto il diritto di sostenere anche le tesi del Papa. E tutto il mio rispetto. Mi sono però sempre opposto ad un monologo pronunciato da un'autorità esterna che si proclama depositaria della verità assoluta».

«L'errore grave è stato invitarlo - aggiunge Giorgio Parisi, uno dei 67 firmatari - quello che è successo dopo è la conseguenza di quella che avevamo definito una "visita incongrua"». «Incredibile però - conclude Parisi - che il Vaticano scopra solo due giorni prima della visita del Papa il dissenso e le proteste». «Ben felice» della decisione del Papa di rinunciare all'inaugurazione dell'Anno accademico è anche il fisico Andrea Frova, autore del libro «Parola di Galileo» che, tradotto in varie lingue, affronta il tema dei rapporti tra scienza e religione. Frova è tra quelli che avevano «condiviso le argomentazioni di Cini ma non le sue posizioni ideologiche» e ci tiene a precisare di essere politicamente distante dal manifesto. «Esprimendo il nostro punto di vista non abbiamo fatto altro che rispondere a un nostro dovere civile. Siamo poi stati strumentalizzati dai politici, dai media e anche dagli studenti. Trovo invece indegne di un paese democratico le occupazioni e le proteste che riportano l'università al clima degli anni '70». Ma non è pentito, Frova: «Non importa ora se il discorso del Papa verrà distribuito o letto da qualcuno, è importante dimostrare che gli italiani non sono tutti uguali. C'è anche chi non si inchina davanti all'ipse dixit del Papa».


Sapienza: i «no pope» non demordono

(articolo di Stefano Milani - tratto da "il manifesto" del 15 gennaio 2008)

«Fra' Giordano è bruciato, Galileo ha abiurato. Noi resteremo contro il Papato! No Pope». L'enorme striscione issato all'entrata della Sapienza è il personale «benvenuto» che gli universitari romani hanno preparato a Benedetto XVI in occasione della sua visita di giovedì. E questo è solo l'antipasto. Per il resto basta farsi un giro all'interno della città universitaria, tutta tappezzata per l'occasione di locandine, manifesti e adesivi contro l'ospite indesiderato. Non è stata risparmiata neanche la Minerva, statua-simbolo dell'ateneo romano, coperta da un altro cartello in cui si legge: «Il sapere non ha bisogno né di padri né di preti per un sapere, una scienza e una università laici». Si leggerà ancora per poco, probabilmente. La piazza è in trasformazione. Da qui a due giorni l'intera area dovrà essere off-limits a studenti e curiosi. E l'opera di bonifica è a buon punto. I nastri già delimitano l'intero perimetro e i cartelli avvertono: «zona interdetta al parcheggio mercoledì 16 e giovedì 17». Gli operai sono a lavoro fin dalle prime ore di ieri affinché tutto fili liscio. Nuovo asfalto, muri imbiancati, marciapiedi stuccati, olio di gomito per togliere il nero dagli scalini che conducono dritti dritti all'aula Magna. «Dove passa il pontefice tutto deve brillare», dice uno spazzino ridendo.Gli studenti, per ora, osservano a distanza indaffarati a mettere a punto la macchina organizzativa della «settimana anticlericale», partita ufficialmente ieri con tanto di pranzo «anti-papa» a base di pane, porchetta e vino. A fianco degli studenti anche qualche docente e pressoché tutti i rappresentanti dei collettivi e delle associazioni di sinistra: UdU, Cobas, Action, Sinistra critica, Uaar, coordinamento collettivi, rete per l'autoprotezione, coordinamento «Facciamo breccia», i collettivi delle femministe «Sui generis», «La mela di Eva», «Le ribelulle». Ma le adesioni aumentano di ora in ora.Il cartellone degli appuntamenti è fittissimo. Ci saranno proiezioni sulla vita di Galileo, assemblee miste studenti-professori, dibattiti su evoluzionismo e creazionismo. Tutto aspettando giovedì e l'arrivo del pontefice. Quel giorno si comincerà presto, dalle 9, con volantinaggi e presidi in tutte le facoltà. Poi sarà la volta dello «sbattesimo della cappella universitaria»: studenti in abito talare benediranno i presenti con litri di vin santo. A mezzogiorno la protesta si sposterà fuori dall'ateneo dove il volume si alzerà al massimo per l'«assedio sonoro». Alle 14 patirà poi la «frocessione contro i diritti negati», corteo organizzato dal collettivo Lgbt per protestare contro un papa «portatore di dogmi contro la libertà del pensiero scientifico e contro la libera circolazione dei saperi», che attraverserà il vicino quartiere di San Lorenzo per far ritorno in piazzale della Minerva dove il comico Andrea Rivera pronuncerà la sua personalissima lectio magistralis.«Abbiamo organizzato questa giornata di protesta in maniera molto pacifica, creativa e comunicativa», dice Giorgio del collettivo di Fisica, uno degli organizzatori della protesta, assicurando che «non ci saranno momenti di tensione». Solo «contestazioni verbali» all'indirizzo del papa, ma anche verso il ministro dell'università e della ricerca Mussi («contro i meccanismi di selezione e per un reale diritto allo studio») e verso il sindaco di Roma Veltroni («per il pacchetto sicurezza e le sue politiche securitarie»).Alla cappella universitaria si respira invece un'aria completamente diversa. Alcuni ragazzi sono indaffarati a pulire l'interno della chiesa in vista della benedizione papale. Con loro anche gli attivisti di «Militia Christi» e di «Comunione e liberazione» che stanno organizzando per giovedì una contro-contestazione ai contestatori.


La lettera di Marcello Cini al Rettore

Questa è la lettera inviata da Marcello Cini nel mese di Novembre 2007 al Rettore Renato Guarini, in merito alla visita del papa Benedetto XVI all’Università, visita che era stata organizzata per il 17 gennaio 2008. In seguito, decine di altri professori l'hanno sottoscritta (alla fine dell'articolo si puo' leggere la lettera di appoggio a Cini che essi hanno scritto) e a gennaio altri 700 professori ne hanno appoggiato il contenuto.

*Se la Sapienza chiama il papa e lascia a casa Mussi*

di Marcello Cini

Signor Rettore, apprendo da una nota del primo novembre dell'agenzia di stampa Apcom che recita: «è cambiato il programma dell'inaugurazione del 705esimo Anno Accademico dell'università di Roma La Sapienza, che in un primo momento prevedeva la presenza del ministro Mussi a ascoltare la LectioMagistralis di papa Benedetto XVI». Il papa «ci sarà, ma dopo la cerimonia di inaugurazione, e il ministro dell'Università Fabio Mussi invece non ci sarà più».Come professore emerito dell'università La Sapienza - ricorrono proprio in questi giorni cinquanta anni dalla mia chiamata a far parte della facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali su proposta dei fisici Edoardo Amaldi, Giorgio Salvini e Enrico Persico - non posso non esprimerepubblicamente la mia indignazione per la Sua proposta, comunicata al Senato accademico il 23 ottobre, goffamente riparata successivamente con una toppa che cerca di nascondere il buco e al tempo stesso ne mantiene sostanzialmente l'obiettivo politico e mediatico. Non commento il triste fatto che Lei è stato eletto con il contributo determinante di un elettorato laico. Un cattolico democratico - rappresentato per tutti dall'esempio di Oscar Luigi Scalfaro nelcorso del suo settennato di presidenza della Repubblica - non si sarebbe mai sognato di dimenticare che dal 20 settembre del 1870 Roma non è più la capitale dello stato pontificio. Mi soffermo piuttosto sull'incredibile violazione della tradizionale autonomia delle università - da più 705 anni incarnata nel mondo da La Sapienza dalla Sua iniziativa.Sul piano formale, prima di tutto. Anche se nei primi secoli dopo la fondazione delle università la teologia è stata insegnata accanto alle discipline umanistiche, filosofiche, matematiche e naturali, non è da ieri che di questa disciplina non c'è più traccia nelle università moderne, per lo meno in quelle pubbliche degli stati non confessionali. Ignoro lo statuto dell'università di Ratisbona dove il professor Ratzinger ha tenuto la nota lectio magistralis sulla quale mi soffermerò più avanti, ma insisto che di regola essa fa parte esclusivamente degli insegnamenti impartiti nelle istituzioni universitarie religiose.
I temi che sono stati oggetto degli studi del professor Ratzinger non dovrebbero comunque rientrare nell'ambito degli argomenti di una lezione, e tanto meno di una lectio magistralis, tenuta in una università della Repubblica italiana. Soprattutto se si tiene conto che, fin dai tempi di Cartesio, si è addivenuti, per porre fine al conflitto fra conoscenza e fede culminato con la condanna di Galileo da parte del Santo uffizio, a una spartizione di sfere di competenza tra l'Accademia e la Chiesa. La sua clamorosa violazione nel corso dell'inaugurazione dell'anno accademico de La Sapienza sarebbe stata considerata, nel mondo, come un salto indietro nel tempo di trecento anni e più.

Sul piano sostanziale poi le implicazioni sarebbero state ancor più devastanti. Consideriamole partendo proprio dal testo della lectio magistralis del professor Ratzinger a Ratisbona, dalla quale presumibilmente non si sarebbe molto discostata quella di Roma. In essa viene spiegato chiaramente che la linea politica del papato di Benedetto XVI si fonda sulla tesi che la spartizione delle rispettive sfere di competenza fra fede e conoscenza non vale più. «Nel profondo... si tratta - cito testualmente - dell'incontro tra fede e ragione, tra autentico illuminismo e religione.Partendo veramente dall'intima natura della fede cristiana e, al contempo, dalla natura del pensiero greco fuso ormai con la fede, Manuele II poteva dire: Non agire "con il logos" è contrario alla natura di Dio».Non insisto sulla pericolosità di questo programma dal punto di vista politico e culturale: basta pensare alla reazione sollevata nel mondo islamico dall'accenno alla differenza che ci sarebbe tra il Dio cristiano e Allah - attribuita alla supposta razionalità del primo in confronto all'imprevedibile irrazionalità del secondo - che sarebbe a sua volta all'origine della mitezza dei cristiani e della violenza degli islamici. Ci vuole un bel coraggio sostenere questa tesi e nascondere sotto lo zerbino le Crociate, i pogrom contro gli ebrei, lo sterminio degli indigeni delle Americhe, la tratta degli schiavi, i roghi dell'Inquisizione che i cristiani hanno regalato al mondo. Qui mi interessa, però, il fatto che da questo incontro tra fede e ragione segue una concezione delle scienze come ambitiparziali di una conoscenza razionale più vasta e generale alla quale esse dovrebbero essere subordinate. «La moderna ragione propria delle scienze naturali - conclude infatti il papa - con l'intrinseco suo elemento platonico, porta in sé un interrogativo che la trascende insieme con le sue possibilità metodiche. Essa stessa deve semplicemente accettare la struttura razionale della materia e la corrispondenza tra il nostro spirito e le strutture razionali operanti nella natura come un dato di fatto, sul quale si basa il suo percorso metodico. Ma la domanda (sul perché di questo datodi fatto) esiste e deve essere affidata dalle scienze naturali a altri livelli e modi del pensare - alla filosofia e alla teologia. Per la filosofia e, in modo diverso, per la teologia, l'ascoltare le grandiesperienze e convinzioni delle tradizioni religiose dell'umanità, specialmente quella della fede cristiana, costituisce una fonte di conoscenza; rifiutarsi a essa significherebbe una riduzione inaccettabile del nostro ascoltare e rispondere».
Al di là di queste circonlocuzioni il disegno mostra che nel suo nuovo ruolo l'ex capo del Sant'uffizio non ha dimenticato il compito che tradizionalmente a esso compete. Che è sempre stato e continua a essere l'espropriazione della sfera del sacro immanente nella profondità dei sentimenti e delle emozioni di ogni essere umano da parte di una istituzione che rivendica l'esclusività della mediazione fra l'umano e il divino.Un'appropriazione che ignora e svilisce le innumerevoli differenti forme storiche e geografiche di questa sfera così intima e delicata senza rispetto per la dignità personale e l'integrità morale di ogni individuo.Ha tuttavia cambiato strategia. Non potendo più usare roghi e pene corporali ha imparato da Ulisse. Ha utilizzato l'effige della Dea Ragione degli illuministi come cavallo di Troia per entrare nella cittadella della conoscenza scientifica e metterla in riga. Non esagero. Che altro è, tanto per fare un esempio, l'appoggio esplicito del papa dato alla cosiddetta teoria del Disegno Intelligente se non il tentativo - condotto tra l'altro attraverso una maldestra negazione dell'evidenza storica, un volgare stravolgimento dei contenuti delle controversie interne alla comunità degli scienziati e il vecchio artificio della caricatura delle posizioni dell'avversario - di ricondurre la scienza sotto la pseudorazionalità dei dogmi della religione? E come avrebbero dovuto reagire i colleghi biologi ei loro studenti di fronte a un attacco più o meno indiretto alla teoria darwiniana dell'evoluzione biologica che sta alla base, in tutto il mondo, della moderna biologia evolutiva?Non riesco a capire, quindi, le motivazioni della Sua proposta tanto improvvida e lesiva dell'immagine de La Sapienza nel mondo. Il risultato della Sua iniziativa, anche nella forma edulcorata della visita del papa (con «un saluto alla comunità universitaria») subito dopo una inaugurazione inevitabilmente clandestina, sarà comunque che i giornali del giorno dopotitoleranno (non si può pretendere che vadano tanto per il sottile): «Il Papa inaugura l'Anno Accademico dell'Università La Sapienza».Congratulazioni, signor Rettore. Il Suo ritratto resterà accanto a quelli dei Suoi predecessori come simbolo dell'autonomia della cultura e del progresso delle scienze.


La lettera di appoggio a Marcello Cini:

Roma 23 Novembre 2007

Magnifico Rettore, con queste poche righe desideriamo portarLa a conoscenza del fatto che condividiamo appieno la lettera di critica che il collega Marcello Cini Le ha indirizzato sulla stampa a proposito della sconcertante iniziativa che prevedeva l'intervento di papa Benedetto XVI all'Inaugurazione dell'Anno Accademico alla Sapienza.Nulla da aggiungere agli argomenti di Cini, salvo un particolare. Il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in un discorso nella citta di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un'affermazione di Feyerabend: «All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Ilprocesso contro Galileo fu ragionevole e giusto». Sono parole che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all'avanzamento e alla diffusione delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano.In nome della laicità della scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l'incongruo evento possa ancora essere annullato.

Le porgiamo doverosi saluti,

Gabriella Augusti Tocco, Luciano M. Barone, Carlo Bernardini, Maria GraziaBetti, Enrico Bonatti, Maurizio Bonori, Federico Bordi, Bruno Borgia, VandaBouche', Marco Cacciani, Francesco Calogero, Paolo Calvani, Paolo Camiz,Mario Capizzi, Antonio Capone, Sergio Caprara, Marzio Cassandro, ClaudioCastellani, Flippo Cesi, Guido Ciapetti, Giovanni Ciccotti, Guido Corbo',Carlo Cosmelli, Antonio Degasperis. Francesco De Luca, Francesco De Martini,Giovanni Destro-Bisol, Carlo Di Castro, Carlo Doglioni, Massimo Falcioni,Bernardo Favini, Valeria Ferrari, Fernando Ferroni, Andrea Frova, MarcoGrilli, Maria Grazia Ianniello, Egidio Longo, Stefano Lupi, MaurizioLusignoli, Luciano Maiani, Carlo Mariani, Enzo Marinari, Paola Maselli,Enrico Massaro, Paolo Mataloni, Mario Mattioli, Giovanni Organtini, PaolaPaggi, Giorgio Parisi, Gianni Penso, Silvano Petrarca, Giancarlo Poiana,Federico Ricci Tersenghi, Giovanni Rosa, Enzo Scandurra, Massimo Testa,Brunello Tirozzi, Rita Vargiu, Miguel A. Virasoro, Angelo Vulpiani, Lucia Zanello.