12 dicembre 2006

Le stragi di stato

[a breve verrà inserito l'articolo]

10 dicembre 2006

Cile: è morto Pinochet

Cile, 10 dicembre 2006. Il vecchio generale Pinochet è morto. Alcuni, quelli per cui la dittatura militare era giusta, quelli che non hanno mai voluto guardare in faccia il volto reale di quel regime, piangono. Ma tanta gente scende per le strade del Cile e festeggia. E’ pero un festeggiamento amaro perché Pinochet non ha scontato un solo giorno di galera per ciò che ha fatto e sono in tanti a non poter “festeggiare”, perché ammazzati dal suo regime.
Quella che vi racconto ora è la storia recente di una dittatura che ha colpito al cuore il Cile, paese dell’America latina stretto fra le Ande e il Pacifico e di una brutta storia di impunità.

1970, Cile.
Dopo una intensa campagna elettorale, il candidato socialista Salvador Allende, a capo del Fronte di Unidad Popolar, vince le elezioni andando alla guida del paese. E’ la prima volta nella storia che un governo socialista va al potere in modo democratico, senza servirsi di una rivoluzione.

(nella foto: Salvador Allende)

Una volta al potere avanza alcune riforme importanti: nazionalizza le miniere di rame (grande risorsa del paese), statalizza le banche private ed il commercio estero, dà impulso a una riforma agraria che favorisce forme collettive di produzione (in un paese dove il latifondo era ancora diffusissimo). Il governo Allende non ha però vita facile. Il Cile entra in una grave crisi economica, acutizzata dal blocco dei finanziamenti da parte delle banche private americane e dagli scioperi nel settore dei trasporti. Oggi sappiamo che il governo statunitense di Nixon fece di tutto perché il governo Allende cadesse, finanziando scioperi e preparando la strada a quella che sarà una delle dittature più feroci del XX secolo. Del resto non era accettabile per gli USA che uno stato dell’America del sud diventasse “comunista”!

Il sud America, parola di Nixon, doveva essere “il giardino di casa” degli Stati Uniti. Un territorio da usare quindi, da cui prendere le risorse senza problemi.

L’ 11 settembre 1973,
aerei delle forze armate bombardano “La Moneda”, il palazzo presidenziale. Colonne di carri armati occupano le strade della capitale, Santiago del Cile:è iniziato il golpe militare. Il presidente Allende , asserragliato all’interno del palazzo presidenziale si difende in armi assieme a un drappello di deputati e sostenitori, ma cade nella battaglia.
Prima di morire però, parla a radio Magellanes, i cui microfoni si trovano proprio dentro il palazzo. La sua voce viene ascoltata da migliaia di cileni, in tutto il paese. Quel discorso, disturbato dai rumori di fondo delle bombe, si concludeva così: “altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore.Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il mio sacrificio non sarà invano, sono certo che, almeno, sarà una lezione morale che castigherà la fellonia, la codardia e il tradimento”.

Poi tutto si spegne, la radio non trasmette più e il Cile piomba nel buio.
Nel primo giorno del golpe vengono fatti rastrellamenti in tutte le città del paese; le forze dell’ordine arrestano chiunque agli occhi del regime risulti “pericoloso”, dissidente.

Migliaia di persone vengono ammassate in caserme, palestre e stadi sportivi. Nello stadio di calcio di Santiago del Cile per esempio, vengono deportate circa settemila persone soltanto nei primi giorni della dittatura. Molte di queste saranno torturate e fucilate negli spogliatoi,nei sotterranei. E’ qui che muore Victor Jara, cantautore cileno autore di canzoni stupende come “Te recuerdo Amanda”, “A desalambrar!”, “Duerme negrito”: canzoni di rivolta, che cantavano di minatori sfruttati, che rivendicavano il bisogno di “terra per tutti” dei contadini miserabili, che cantavano le rivoluzioni in atto in altri paesi dell’America latina. Poesie di rivolta accompagnate dal semplice suono della chitarra. Cose che il regime non poteva accettare. E che quindi stroncò.

Anche Pablo Neruda, grande poeta, anche lui cileno, muore proprio a pochi giorni da quel tremendo 11 settembre, nella sua residenza di Isla Negra. Muore per un cancro, ma i militari fanno in tempo a perquisire più volte la sua casa, ed è famosa la frase che lui avrebbe detto rivolto a loro: “guardatevi intorno: c’è una sola forma di pericolo qui, per voi: la poesia ”. (Bellissimo a riguardo il film “Il postino”di Massimo Troisi, tratto dal romanzo di Skarmeta).

La dittatura militare, guidata dal generale Augusto Pinochet, durerà per diciassette anni.
Purtroppo ebbe un appoggio consistente da quella parte di società che aveva osteggiato Allende, da coloro che credevano realmente che fosse meglio la mano ferma dei militari piuttosto che un governo socialista, un governo “rosso”.

Ci furono però anche anti-comunisti che si diedero da fare clandestinamen-te per salvare dalla tortura e dall’uccisione molte persone. Quella era una dittatura feroce, dove si spariva dalla circolazione per le idee, per la propria attività politica, per le canzoni o i libri scritti, o soltanto per un sospetto. Dove le forze armate entravano di notte nelle case strappando dal sonno ragazzi e ragazze, uomini e donne, portandoli via per sempre dalle loro famiglie, dagli amici, dagli amori. Una dittatura durante la quale furono bruciati libri, uccisa ogni forma di arte, di pensiero libero, di stampa libera.

La libertà in Cile fu uccisa a fuoco lento, per 17 anni.

Ma per mantenere il consenso la dittatura dovette nascondere molto di ciò che faceva; non sarebbe durata così a lungo se avesse reso visibili i massacri che stava portando avanti.
Già, massacri.
Perché negli anni che vanno dal 1973 al 1990 in Cile sono morte migliaia di persone. Più di tremila…Molte di queste morti non venivano “ufficializzate”. In spagnolo “scomparso” si dice “desaparecido”: migliaia di desaparecidos popolarono il Cile, come anche l’Argentina, per quasi vent’anni. Persone che un giorno sono state portate via dalla polizia, arrestate, e sono sparite per sempre. Quanti familiari ed amici ne hanno chiesto notizie negli anni, fino alla pazzia, ricevendo sempre la stessa risposta: scomparsi, desaparecidos.

Oggi sappiamo con certezza che furono ammazzati, gettati nottetempo in fosse comuni, lontano dagli occhi di chi non voleva vedere, o di chi non immaginava il vero volto della dittatura militare.

C’è un libro stupendo, un romanzo, che racconta di tutto questo. Della dittatura, di come certa parte del popolo cileno ignorasse (o volesse non vedere) cosa stava accadendo, dei desaparecidos, e di un amore che nacque mentre tutto questo avveniva. Si chiama “D’amore e ombra”, ed è scritto da Isabel Allende, nipote di quel Salvador Allende ammazzato il primo giorno del golpe.

Furono tanti i cileni che scapparono dal loro paese con documenti falsi, ma molti di loro furono catturati dalla polizia degli stati confinanti come l’Argentina e la Bolivia, dove c’erano dittature militari spietate molto simili a quella cilena. Alcuni riuscirono a mettersi in salvo buttandosi dentro i muri di cinta delle ambasciate
europee, compresa quella italiana. Le ambasciate organizzavano, tra mille difficoltà, la loro fuga. Ed è in Italia che moltissimi cileni sono rimasti in esilio per tanti anni, ricevendo peraltro una solidarietà che non dimenticano. Ne è una prova il tributo che il famoso gruppo musicale cileno degli Inti Illimani, che per caso si trovava in Italia per una tournee il giorno del golpe, ha fatto al nostro paese col suo album “Viva Italia!”.

La DINA
Il regime di Pinochet si avvalse di una polizia segreta famigerata, che aveva il compito di assassinare uomini politici scomodi per la dittatura, anche all’estero: è il caso del democristiano cileno Leighton che stava preparando, dall’esilio, un piano di riscossa democratica per il suo paese.
Viene ammazzato a Roma nel 1974, in via Aurelia, da uomini italiani assoldati dalla DINA. Si trattava con molta probabilità di appartenenti al gruppo fascista Avanguardia Nazionale, il cui capo era Stefano Delle Chiaie, uomo peraltro legato anche a una parte dei servizi segreti italiani. Guarda caso questo stesso gruppo è autore di quella strategia della tensione che doveva portare anche l’Italia a una svolta autoritaria, compiendo stragi nelle piazze e sui treni.

1983: prove di rivoluzione
Nell’83 il Cile vive giorni di alta tensione, che accendono speranza in molti. Vengono coraggiosamente proclamate, una volta al mese, manifestazioni che chiedono il ritorno alla libertà.
La polizia risponde sempre coi fucili, e muore molta gente. Il mondo inorridito assiste alle scene di manifestazioni represse nel sangue, di blindati che sparano sui manifestanti colonne di acqua lercia con gli idranti. La repressione è sempre più forte, e chi aveva tentato di rialzare la testa viene irrimediabilmente schiacciato, di nuovo. Muore nuovamente il sogno di libertà.
Intanto nel paese sono nati clandestina-mente gruppi guerriglieri che cercano di contrapporsi alle forze dell’ordine: il 7 settembre del 1986 uno di questi, il Frente Patriotico Manuel Rodriguez, tenta un attentato a Pinochet. L’operazione si chiama “siglo vente” ed è raccontata in un libro bellissimo, “pallide bandiere” scritto da Paco Ignacio Taibo I, che la racconta in modo romanzato. I guerriglieri attaccano armati di bazooka il corteo presidenziale durante uno spostamento del generale, ma qualcosa va storto e l’agguato fallisce. Muoiono gli uomini della scorta. Pinochet non solo sopravvive ma ha la scusa per rinforzare ancor di più il suo potere, agitando lo spauracchio del “pericolo comunista” e convincendo tanti ben pensanti che sia meglio la dittatura di un paese libero. E la notte in Cile continua.

Poi, tutto questo è finito.
Dopo un referendum svoltosi nel 1988, per decidere se Pinochet dovesse rimanere o no al potere, e che ha deciso di NO, la sera dell’11 marzo 1990 si svolge la cerimonia di saluto del generale.

La dittatura, dopo diciassette anni, è finita.
Inizia il lungo e difficile periodo di transizione verso la democrazia piena, che non è certo facile riacquisire dopo quasi vent’anni di governo tenuto in piedi con il terrore, con la violenza.
E con la transizione iniziano anche i processi, i tentativi di smascheramento delle tante stragi compiute dai militari in tutti questi anni. Viene nominata una commissione di indagine sui delitti della dittatura, ma non è facile trovare giustizia in un paese dove le forze armate sono ancora molto potenti, dove chi ha commesso crimini può permettersi di fabbricare depistaggi e prove false per non essere accusato.

Nel 1991 esce fuori lo “scandalo” del cimitero di Santiago: si scopre che molte tombe contengono ciascuna i resti di due ed anche tre vittime della repressione. Augusto Pinochet risponde così alla scoperta: “avete visto come si economizzava!”.

Ma non solo nel cimitero di Santiago si scoprono i resti dei desaparecidos; in tutto il Cile sono tanti, tantissimi quelli che sono stati seppelliti nascostamente, per anni, e che lentamente vengono rinvenuti.

La democrazia cilena vive un giorno importante all’inizio del 2000, quando vince le elezioni il socialista Ricardo Lagos: dopo trent’anni esatti, i socialisti sono tornati al potere. Ma nel frattempo il mondo è cambiato, e la stessa idea di socialismo al potere è molto differente da quella praticata da Allende. L’economia del paese è stata trasformata nei quasi vent’anni di dittatura, non c’è più spazio per quegli ideali di giustizia sociale degli anni 70, di cui si era fatto promotore Allende. Il capitalismo americano regna ormai in tutto il mondo, e il nuovo socialismo è solo uno sbiadito ricordo di quello vecchio.

La cattura
Il 16 ottobre 1998, mentre si trova a Londra in un albergo, Pinochet riceve la visita di agenti di Scotland Yard che gli consegnano un mandato di cattura emesso dal giudice spagnolo Garzon. I motivi sono tanti, dall’abbattimento della democrazia cilena attraverso l’uso della forza alla responsabilità in decine di omicidi, e a quella di aver organizzato il “Plan Condor”.
Pinochet rimane per quasi un anno e mezzo agli arresti domiciliari a Londra, mentre si apre un lungo contenzioso su cosa si debba fare di lui: la Spagna in primis, ma anche la Francia, la Svizzera e il Belgio vogliono che venga estradato nei loro paesi, e lì giudicato per i crimini che ha commesso.

Ma il 2 marzo del 2000 arriva il colpo di scena: Pinochet, che ha 85 anni ma gode di buona salute viene giudicato “incapace di sostenere un processo” perché “presenta difficoltà nell’apprendere e non ricorda fatti recenti e del passato”.
Un infermo dunque, quasi un malato di mente, e in quanto tale non
processabile. Viene così liberato.
Un aereo delle forze armate cilene lo riporta in patria il 3 marzo del 2000, dopo varie deviazioni nei cieli del pianeta, per evitare di fare scalo in paesi che richiedono il suo arresto.

In Cile lo attendono all’aeroporto i militari, che lo accolgono come un eroe, e sulla pista dell’aeroporto si consuma la beffa: davanti alle telecamere di tutto il mondo Pinochet si alza dalla sedia a rotelle su cui fingeva di esser malato, e torna a essere sano.

Le ultime
Per tutti questi anni il Cile ha dovuto assistere al brutto spettacolo di un processo che non ha mai dato un verdetto finale, mai una formula di accusa.
Soltanto il 13 dicembre del 2004 la Corte Suprema di Santiago ha dato il via libera agli arresti domiciliari di Pinochet. Una svolta storica, per un paese dove l’influenza del generale era ancora forte. Recentemente però quell’arresto è stato sospeso per l’aggravarsi delle sue condizioni fisiche.

(nella foto: Pinochet nel 1973)

La prima donna al potere
All’inizio del gennaio 2006, un nuovo fatto storico si è consumato in Cile: la candidata socialista Michelle Bachelet ha vinto con un ampio margine le elezioni presidenziali, diventando così la prima presidentessa del Cile. Peraltro questa donna, che è stata imprigionata e torturata durante gli anni della dittatura di Augusto Pinochet prima di andare in esilio, diventa anche il simbolo di un riscatto, di una voglia di supera-re definitivamente il passato di sangue della dittatura fascista.
Molto altro c’è ancora da dire sul Cile, sui problemi di politica interna, della povertà, degli indigeni Mapuche che rivendicano maggiori diritti, delle lotte sociali. Tutto questo avrà spazio in un altro articolo.

Prima di chiudere però, è importante una nota: il golpe militare di Pinochet in Cile è stato parte di un quadro più vasto, che ha visto la nascita negli anni 70 di dittature militari in molti altri paesi del sud America fra cui Argentina, Brasile e Bolivia. Questo piano, chiamato “Piano Condor”, prevedeva di eliminare tutti gli oppositori politici con operazioni congiunte dei servizi segreti. L’appoggio operativo, politico ed economico a questo piano terroristico era dato dalla Cia, cioè i servizi segreti americani.
Ecco perciò il motivo per cui risulta strano conoscendo questi fatti STORICI l’intento attuale degli Usa di Bush di “esportare democrazia” nel mondo con la loro guerra al terrorismo. Come si può credere a un paese che ha finanziato dittature sanguinarie per il solo scopo di continuare ad avere il controllo economico di certe zone, quando ci dice che lo scopo delle sue guerre è di lottare contro il terrorismo per il bene dell’umanità? Quello attuato in Cile, in Argentina, in Nicaragua eccetera, fu terrorismo.

Lorenzo Pasqualini

24 novembre 2006

Così vicini, così lontani

Li conosciamo soltanto per i furti e le elemosina: sono gli zingari, popolo senza patria e con una lunga storia alle spalle.

Gli zingari cristiani si sono incontrati per una settimana di festa a cavallo del 24 maggio nella cittadina di Saintes-Maries-de-la-Mer, piccola perla della Camargue, come ogni anno. Da sempre i popoli nomadi dispersi fra le nazioni dell’Europa occidenta-le confluiscono qui, per venerare la loro santa protettrice, una “santa zingara”, e la sua statua nera, custodita nella cripta della cattedrale di questo soleggiato borgo costiero, e bagnarla nelle acque turchesi del Mediterraneo. Col tempo le variopinte e rumorose carovane di carri trainati da cavalli o da uomini sono diventate roulottes, automobili a volte di lusso, a volte (più spesso) bidoni traballanti, ma lo spirito è rimasto sempre lo stesso, quello di festeggiare, cantare,al ritmo del flamenco, conoscersi e per una volta, una volta soltanto in un anno, sconfiggere le distanze e la dispersione, e ritrovarsi uniti, come un popolo, non più soltanto una scomoda minoranza, ma come una vera “nazione”.

Scrivere di questa colorita ricorrenza è solo un piccolo tentativo di suscitare interesse verso un popolo che vive in mezzo a noi, ma di cui ignoriamo quasi completamente se non l’esistenza, sicuramente le abitudini, l’identità. Dovunque vivano, infatti, i nomadi sono sempre circondati da un alone di diffidenza e incomprensione (sentimento di solito ricambiato, ma non è una ragione valida per “chiudere gli occhi”e rinunciare a capire).

Per cominciare, sono i “sedentari” a partire con un giudizio negativo, a priori.
Basta aprire un dizionario per rendersene conto: i semplici termini “nomade”, o “vagabondo”, assumono immediatamente nelle nostre lingue una connotazione negativa, anzi spregiativa. E storicamente i popoli nomadi rappresentavano crudeltà, furti e razzie, qualcosa di cui avere paura, orde di “barbari” provenienti da terre sconosciute pronti a mettere a ferro e fuoco le città d’Europa.

In realtà, più che il ricordo di passate razzie è la paura di una così diversa visione del mondo, dalla paura che ciò che ci sembra di possedere di diritto sia in realtà una fragile convenzione, se la maggior parte dei popoli nomadi con cui abbiamo avuto a che fare erano dediti soprattutto ad attività pacifiche ed innocue.
Oggi non tutti lo sanno, ma i nomadi sono stati prima di tutto artigiani, allevatori e commercianti di cavalli, attività favorita e resa necessaria dal loro incessante andare (una passione che oggi si è trasformata in amore per le automobili), e celebri musicisti.
La proverbiale cialtroneria servì agli zingari ad insediarsi nell’Europa cristiana: false storie che li ritraevano come cristiani d’Egitto perseguitati dai musulmani; molti falsi di bolle imperiali e papali che obbligavano le autorità locali ad accettarli.
D’altronde è sempre per una serie di equivoci che nasce buona parte della tradizionale ostilità europea nei loro confronti: venivano infatti scambiati o equiparati ai saraceni. È con l’età moderna, però, che iniziano le più dure persecuzioni, che hanno raggiunto il culmine nella seconda guerra mondiale. Ma oltre alle persecuzioni, è il tentativo di assimilazione da parte delle popolazioni stanziali a minacciare l’identità nomade. E dei princìpi, dei modi di vedere la vita, radicalmente diversi. Ai nostri occhi, sono deprecabili, oltre alla tendenza a commettere furti (e attribuirla, generalizzando, a tutto un popolo), l’incapacità di lavorare, di “metter su casa”, la apparente sporcizia, il fatto di non mandare i figli alla (nostra) scuola…
D’altra parte siamo noi, dal loro punto di vista, a compiere abitualmente azioni viste come immorali. Il lavoro salariato per esempio è vissuto dai nomadi che sono o sono stati costretti a farlo, come un furto di tempo, qualcosa che stravolge i ritmi naturali che essi hanno e che si sentono in diritto di avere. In molti Paesi si è tentato di integrarli in questo modo, come in quelli dell’ex Europa comunista, il risultato è stato fallimentare: altissimo grado di assenteismo dal lavoro, e bassissima produttività.

Quanto ai furti, bisogna considerare che essi hanno un concetto molto più blando di proprietà privata (i beni sono in genere spartiti fra tutti i membri dei clan) e, se questo non giustifica nulla, dal loro punto di vista, anche la nostra proprietà, ad esempio della terra, e il fatto di sfruttarla per ricavarne profitto, di spremerla fino all’osso, potrebbe essere vista come un sopruso.

C’è anche una tendenza opposta, quella di idealizzare il “popolo del vento”, attribuendogli caratteri romantici, libertari (da cui i bohémiens), che si traducono in una serie di stereotipi e di semplificazioni. Primo fra tutti, anche se può sembrare sorprendente, lo stesso nomadismo. Oggi moltissimi zingari sono di fatto sedentari, e molti lo sono tradizionalmente, e vivono in baracche e in case normali. Nell’Europa dell’Est esistono numerosi “quartieri zingari”. È diffusa inoltre la convinzione che ci sia un “popolo zingaro”, mentre questo termine, come altri affini (gitano, gypsy, camminante…) sono stati attribuiti dai “gagè”, i non zingari, a gruppi così diversi da non poter certo essere definiti come un unico popolo. Cambiano le tradizioni, le lingue, di gruppo in gruppo, conservando tracce degli idiomi dei paesi che ha attraversato, così come le religioni, che, sotto una pellicola di cristianesimo, o islamismo, conservano tracce di miti e di culti antichissimi.

Resta il problema di un popolo disadattato, che i tempi stanno spingendo a rendere simile agli occidentali senza tuttavia integrarsi: il primo passo verso una soluzione è, prima di tutto, conoscere.

-Marco Ranocchiari-

13 novembre 2006

Bombe e terremoti

La notte del 9 ottobre, la Corea del Nord ha eseguito un test nucleare sotterraneo, il primo della sua storia. Diventa in questo modo il nono paese del mondo ad avere la bomba atomica.
La Corea del Nord ha fin da subito dichiarato di aver eseguito il test, per chiari motivi di immagine (devono far vedere che sono forti), ma se avesse tenuto segreta l’esplosione, noi lo avremmo potuto sapere?
La risposta è si.
Le esplosioni nucleari sotterranee infatti, liberano una enorme quantità di energia. Attorno al punto di deflagrazione si generano pressioni fortissime e temperature nell’ordine dei milioni di gradi, mentre l’onda d’urto provoca la frantumazione delle rocce in una fascia più o meno concentrica. Queste esplosioni tremende provocano quindi, come i terremoti,
delle onde elastiche, registrabili dai sismografi di tutto il mondo.


Ma nel mondo avvengono ogni giorno decine e decine di terremoti, come si può distinguere quelli naturali da quelli provocati attraverso esplosioni nucleari?
Esistono delle differenze, e da queste differenze si risale al tipo di causa: per esempio nelle esplosioni nucleari non essendovi slittamento di faglie, le onde P (cioè il tipo di onde sismiche di compressione-dilatazione) hanno sempre una prima fase caratterizzata da movimento compressivo e si propagano attorno al punto d’esplosione in modo radiale, in tutte le direzioni.

Quindi qualsiasi sismografo intorno alla zona dell’esplosione rileva che la prima onda P ad arrivare è di compressione. Quando avvengono terremoti naturali invece, la prima oscillazione di onda P rilevata dai sismografi intorno all’epicentro può essere o di compressione o di dilatazione, a seconda del posto in cui il sismografo si trova: ricordiamo infatti che i terremoti naturali sono generati da rotture improvvise all’interno della litosfera, nelle quali si ha
movimento relativo delle masse rocciose lungo un piano di frattura. Quindi le onde P non si propagano in modo radiale attorno al punto di rottura.
(vedi figura qui sotto):
a.slittamento di due masse rocciose
b.esplosione

E’ controllando tutti questi fattori che dal 1963 e per tutta la guerra fredda, USA e URSS si sono tenuti d’occhio a vicenda: le due super-potenze di allora infatti, avevano deciso di effettuare a partire dal 1963 soprattutto test atomici sotterranei, per evitare di contaminare il mondo coi loro continui esperimenti in superficie.
Per sapere quando e come il nemico stava eseguendo un test, furono monitorati quotidianamente i terremoti rilevati dai sismografi, e si distingueva nel modo appena descritto quelli naturali da quelli causati da test.

Tornando alla Corea del Nord: anche la bomba fatta esplodere poche settimane fa è stata rilevata dai sismografi. Se andate sul sito della USGS (United States Geological Survey)che è l’agenzia scientifica americana di controllo del territorio, potete vedere la scheda del sisma provocato dalla bomba. http://neic.usgs.gov/neis/bulletin/neic_tqab_m.html






















Sul sito dell’Istituto di Geologia e Vulcanologia Italiano invece, alla pagina http://www.ingv.it/~roma/framesx/progetti/CTBTO/Controlloesplosioni.html#Anchor-Fondamenti-6638 , si trovano informazioni sulla partecipazione italiana al Progetto di controllo del Trattato di Proibizione Totale delle esplosioni nucleari, gestito dall'ONU. Usando gli stessi metodi spiegati prima viene così controllato che le nove nazioni in possesso di bombe atomiche rispettino il trattato. La Corea lo ha appena violato.


UNA NOTA:
Ci sono 27 mila bombe atomiche nel mondo.
Gli unici paesi che le possiedono sono gli Usa, la Russia, la Cina, la Francia, la Gran Bretagna, Israele, l’India e il Pakistan.
Adesso si aggiunge anche la Corea del Nord, portando a nove il numero dei “bombaroli”.
Le nazioni che ne hanno di più sono gli USA (ne ha migliaia), e la Russia, mentre la nostra vicina di casa, la Francia, ne ha circa 350.
E noi?
Bè, l’Italia per fortuna l’atomica non ce l’ha.
O meglio, non ce l’ha lo stato italiano, perché in realtà sul nostro territorio di testate nucleari ce ne sono eccome!

Sapete che nel nostro paese ci sono oltre cento basi militari americane? Ebbene, fra la base di Aviano in provincia di Pordenone e quella di Ghedi Torre in provincia di Brescia, sono stoccate ben 90 bombe nucleari. Americane.


-Lorenzo Pasqualini-

06 novembre 2006

Un libro

Jared Diamond:
“Armi, Acciaio e Malattie”
Storia dell’umanità negli ultimi 13.000 anni.


L’uomo si è evoluto in Africa.
Anche l’homo sapiens ha iniziato il suo cammino li.
Perché allora non sono le etnie africane e le loro culture a dominare i continenti?
In Mesopotamia, nel Vicino Oriente e in Egitto sono fiorite civiltà ed imperi maestosi. Perché oggi non sono i loro eredi a dettare legge?
La Cina all’inizio del ‘500, cioè quando sono iniziate le grandi “scoperte” e, quindi, le grandi conquiste, aveva la tecnologia navale più avanzata e le strutture statali e militari più efficienti. Perché non sono stati i cinesi a girare subito gli oceani e a derubare le Americhe, l’Africa e l’Oceania delle loro risorse?
Cortès e Pizarro, con poche centinaia di soldati malconci hanno rovesciato imperi di guerrieri. Perché non sono stati gli imperatori inca e aztechi a spedire i loro eserciti oltre l’Atlantico?
Alla domanda “Perché noi bianchi ci siamo evoluti tecnologicamente più di tutti e abbiamo così potuto colonizzare quasi tutte le altre etnie e culture?”, tu, cosa risponderesti?

(Stefano F.)

03 novembre 2006

Multinazionali criminali, 1° puntata : LA COCA COLA

Sono milioni le persone che bevono la Coca Cola, nel mondo.
Questa bibita analcolica, inventata poco più di cent’anni fa negli Stati Uniti, è diventata nel tempo la più conosciuta, la più pubblicizzata e la più comprata in tutto il pianeta.
In qualsiasi città andiate, dall’Europa all’Asia, dall’Oceania all’Africa, troverete il famoso logo bianco in campo rosso.
Ma se è vero che tutti la conoscono, probabilmente non tutti sanno che dietro la sua produzione ci sono gravi ingiustizie, e che i dirigenti della Coca Cola company (multinazionale che fattura ogni anno 22miliardi di dollari), devono rispondere di atti criminali quali “violazione dei diritti umani”.

Cosa combina la Coca Cola nel mondo?
Andiamo per ordine.

COLOMBIA.
Paese dell’America latina confinante a nord con lo stato di Panama, con il Venezuela ad est, con Ecuador e Perù ad ovest, con il Brasile a sud.

Qui, da oltre quarant’anni si combatte una guerra civile fra le FARC (forze armate rivoluzionarie colombiane), e l’esercito.
Si tratta di una guerriglia fatta di attentati, agguati, da entrambe le parti. In questo clima di grande confusione e violenza le persone che si battono in modo pacifico per i diritti umani e che portano avanti lotte sociali pacifiche (come per esempio i sindacalisti) vengono travolte nella mischia: pensate che sono oltre tremila i sindacalisti uccisi in Colombia dal 1991 ad oggi, da bande paramilitari che agiscono impunemente, cioè con la copertura del governo.

Il governo colombiano infatti, con la scusa della guerra contro i ribelli delle FARC (che vengono definiti terroristi), ha instaurato nel paese un clima di repressione che coinvolge anche quelli che con la guerriglia non c’entrano nulla, e che portano però avanti richieste di MAGGIORE GIUSTIZIA, MAGGIORE SICUREZZA SUL POSTO DI LAVORO, MAGGIORI STIPENDI.

(bisogna sapere che i lavoratori in Colombia, siano essi braccianti o operai, sono mal pagati e sfruttati, senza diritti sindacali).

Il massacro di sindacalisti in Colombia quindi, che viene giustificato dal governo come
l’effetto della “guerra al terrorismo”, non è altro che una gigantesca repressione ai danni di chi cerca di ottenere maggiori diritti.

E la Coca cola, cosa c’entra in tutto ciò?

C’entra eccome! Il sindacato del settore agroalimentare colombiano (SINALTRAINAL) denuncia da anni l’uccisione di lavoratori della COCA COLA ad opera di bande paramilitari . Questi lavoratori ammazzati, sono tutti sindacalisti che chiedono migliori stipendi e migliori condizioni di lavoro ai loro dirigenti, nelle industrie di imbottigliamento della “magica” bevanda gassosa.

E’ evidente che s’è trattato di una feroce repressione.

I morti ammazzati finora sono 8, oltre alla lunga serie di minacce ed intimidazioni che sono state fatte a centinaia di altri lavoratori, del tipo: se ti iscrivi al sindacato t’ammazziamo, oppure torture, sequestro di familiari, incendio della casa eccetera.

Insomma, la Coca Cola è accusata in Colombia di approfittare del clima di guerra e repressione già esistente da tempo, per far uccidere impunemente i personaggi “scomodi” che lavorano nelle sue industrie e per terrorizzare chiunque “osi” iscriversi al sindacato.

Il SINALTRAINAL, il sindacato, è riuscito a portare la Coca Cola company in tribunale, alla corte
federale di Miami, dove il giudice ha affermato che ci sono abbastanza prove per portare avanti il processo.
Ha inoltre lanciato una campagna di boicottaggio internazionale chiedendo ad ogni persona di ogni paese di non comprare prodotti della Coca Cola.

La campagna di boicottaggio si allarga ogni anno di più, ed è stata persino intrapresa da alcune istituzioni che hanno rifiutato lo sponsor della Coca Cola in alcune manifestazioni pubbliche come concerti ed eventi sportivi.
Altro evento importante è la decisione di alcune amministrazioni
locali come il municipio XI di Roma, il comune di Fiano Romano, Empoli e altri, di escludere i prodotti della Coca Cola dai distributori automatici delle proprie strutture pubbliche.


Anche negli Usa , patria della Coca Cola, il più grande ateneo privato (la New York University), ritirerà la bevanda dai distributori automatici e dalle mense, e presto anche altri poli minori seguiranno la stessa via.

A cosa serve il boicottaggio?
E’ l’unica forma di protesta che i consumatori possono portare avanti contro le grandi marche.
E se questa protesta è massiccia ed è accompagnata da una rivendicazione politica (del tipo: se non migliorate le condizioni dei lavoratori io non vi compro), queste grandi aziende possono essere costrette a rivedere le loro posizioni. E’ sufficiente che una multinazionale subisca una perdita del 5% del totale nelle entrate, perché vada in difficoltà.

INDIA.
Grande paese dell’Asia meridionale, uno dei più popolati del mondo,
con oltre un miliardo di abitanti.

Qui la Coca Cola è accusata di aver provocato, con i suoi impianti di imbottigliamento, l’abbassamento delle falde acquifere in determinate zone. Va detto al riguardo, che per fare un litro di coca cola ci vogliono ben 9 litri d’acqua. La quantità di acqua prelevata è quindi enorme.
Nel Kerala, una regione dell’India, le popolazioni locali si sono trovate coi pozzi asciutti e con l’impossibilità di dissetarsi ed irrigare i campi perché le falde sono state praticamente prosciugate dalle industrie di imbottigliamento della Cola.
.
Di fronte alle forti proteste che le comunità locali hanno portato avanti, al boicottaggio dei suoi prodotti, e davanti alla sentenza di un tribunale indiano (il quale ha ribadito che l’acqua è un bene di tutti e non può essere oggetto di proprietà privata) la multinaziona-
le è stata costretta a chiudere alcuni impianti ed ha visto diminuire le sue entrate in India del 18%.

A inizio agosto 2006 inoltre, ben quattro stati indiani hanno vietato la vendita di Coca Cola perchè alcune analisi condotte sulle bibite hanno trovato tracce di diserbanti, dannosi alla salute. Questi pesticidi erano probabilmente contenuti nell’acqua di falda che la compagnia statunitense ha “succhiato” dal territorio.

ALTRI DATI SULLA COCA COLA.

Nel 2000 è stata costretta a risarcire 2200 lavoratori afroamericani per discriminazioni razziali nelle assunzioni e nelle produzioni.

L’uso di alluminio per la produzione delle lattine di Coca Cola ha un impatto ambientale enorme, sia nei luoghi di estrazione che, in seguito, quando la lattina diventa “rifiuto”.

Denunce di intimidazioni ai danni di lavoratori iscritti al sindacato sono arrivate anche da lavoratori della coca cola in Turchia, Guatemala, Pakistan, Russia.

FONTI DELL’ARTICOLO:
www.nococacola.info
www.sinaltrainal.org
www.indiaresource.org

[Una piccola nota: multinazionali sono tutte quelle imprese che controllano almeno una filiale all’estero. Ce ne sono di piccole (come le imprese italiane che aprono filiali in Romania, dove la manodopera costa meno) e di enormi, come la Coca Cola o la Mc Donald’s. Queste ultime hanno un fatturato in dollari ben superiore al PIL di certi paesi poveri del globo. Queste enormi aziende possono arrivare ad essere dei micro-stati all’interno di paesi poveri, dove esse sfruttano la carenza di diritti umani e di protezione dell’ambiente per avere profitto. Spesso inoltre, prendono le risorse naturali di questi paesi e le portano via, nei loro ricchi paesi d’origine, lasciando agli abitanti di quei luoghi solo le briciole. E’importante denunciare quando una multinazionale, così come uno stato, compie ingiustizie ai danni della gente.]

-Lorenzo Pasqualini-

"Non nominarlo invano"

Nel XXI secolo, l’evoluzionismo fa ancora paura.

(Charles Darwin)

Eccoci qua, davanti alle tanto attese GRADUATORIE per l’accesso alle lauree specialistiche.
Il mio sguardo corre subito verso quelle della mia laurea specialistica: “biologia evoluzionistica”… 11!!! 11 nuovi evoluzionisti su 235 domande! Non mi aspettavo tanta abbondanza! Guardo i risultati delle altre specialistiche: il tutto esaurito si registra nella “biosanitaria” e nella “genetico-molecolare”.
Dopo la gioia, affiora spontaneo un ragionamento: l’evoluzione non tira, i biologi preferiscono altri indirizzi, che danno più possibilità di trovare lavoro. Mi sono sentita dire: “quando entrerai in un laboratorio nessuno ti chiederà chi era Darwin, dovrai solo premere dei pulsanti”… BELLO!!! Ho studiato 5 anni (se tutto va più che bene) per “premere dei pulsanti”! Per fortuna l’aspirazione di un “biosanitario” non è di premere pulsanti in un laboratorio e non c'è bisogno di iscriversi ad un corso di laurea specialistica in biologia evoluzionistica per conoscere Darwin o la teoria degli equilibri punteggiati, ma a questo punto la domanda sul destino dell’evoluzionismo rimane: osservo nei mezzi di informazione una certa indifferenza sull’argomento.
A cosa è dovuto questo disinteresse? Mi guardo un po’ intorno e immediatamente un individuo spicca alla mia attenzione: il papa.
Se nel 2006 abbiamo un Chiesa ancora così reazionaria come possiamo pretendere, in Italia, che la gente si interessi di Darwin? Che non dico gli equilibri punteggiati, ma almeno DARWIN!

Eppure c’è ancora chi scrive: “Non è Darwin che fa paura, ma semmai il lavaggio evoluzionista
del cervello che viene fatto con i soldi di tutti” (Franco Damiani, dal sito di Forza Nuova) e ci sono ancora “scienziati” che sostengono il creazionismo.
Ma come si fa a sostenere, da scienziati, una fede? Uno scienziato può sostenere una teoria e il creazionismo non lo è!
È come se un geologo dicesse che la Terra è piatta, gli riderebbero in faccia! E allora perché se un “biologo” dice: “Dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza” non succede lo stesso? E, addirittura, l’anno scorso, l’allora ministro dell’istruzione, Letizia Moratti, pretende di togliere l’insegnamento della teoria evolutiva dalle scuole? “Perché a quell’età non si è pronti”… e certo, prima di tutto il catechismo, poi, chissà, se Dio vuole (o il Vaticano), Darwin… embè, sennò poi il ragazzino diventa schizofrenico e potrebbe fare domande del tipo: “Ma ha ragione il prete o il prof di scienze?”.
Comunque, per ora, l’insegna-mento dell’evoluzionismo è salvo, ma poi… salvo in che senso? E vabbè che gli insegnanti sono tutti comunisti (…), ma chi è che ha studiato Darwin a scuola? Al di là del collo della giraffa, io non ricordo altro! Che poi, così sei convinto che Lamarck era uno scemo e in realtà era un grande evoluzionista anche lui!
Ma cosa sta alla base dell’anti-evoluzionismo? L’ignoranza.
Fino a che la gente sarà ignorante potrà credere che evoluzione e creazione sono 2 teorie e ovviamente sceglierà quella più giusta, quella che ci insegna Dio per bocca del papa. Il problema è il non farsi domande, l’accettare la parola così com’è. E quand’è che l’essere umano comincia a farsi domande? Quand’è bambino! Se a quell’età gli si dice: “Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza” e magari lo si mette in guardia dal criticare La Parola, lui crescerà con questa frase stampata in testa e non vorrà che la si metta in discussione. La chiesa gioca su questo: ignoranza, paura.

E così la Moratti e Sermonti (1) diventano i difensori della parola divina, contro gli scienziati eretici e, magari, comunisti!

(1)Giuseppe Sermonti: genetista noto come oppositore dello scientismo; ha pubblicato numerosi libri tra cui “Dimenticare Darwin” (1999), come giornalista combatte la fecondazione assistita, l'espianto degli organi, la sperimentazione animale.


-Valeria Pasqualini-

A rischio le barriere coralline

Gli ultimi dati UNEP (programma ambiente delle nazioni unite), parlano chiaro: dei 255mila Km quadrati di barriere coralline del mondo, circa il 70% è a serio rischio.
L’allarme è giunto dalla NASA, che ha monitorato 1700 immagini da satellite, giungendo alla seguente conclusione: il 20% di questo insostituibile patrimonio di biodiversità già sarebbe scomparso, un 24% è attualmente in serio rischio di collasso, mentre un restante 26% è minacciato a lungo termine.
Cosa sta causando questo disastro ambientale?
In primo piano figura il “global warming”, cioè il riscaldamento globale, che sta causando un’acidificazione degli oceani riflettendosi quindi fortemente sullo stato di salute delle barriere.
Anche l’inquinamento e l’aumento della melmosità dell’acqua hanno gravi conseguenze: quest’ ultimo fattore provoca una diminuzione della trasparenza delle acque, ostacolando i raggi solari e dunque il processo di fotosintesi delle alghe, indispensabili perché il corallo si sviluppi.
In proposito ricordiamo che i coralli crescono in zone tropicali, in acque trasparenti (e perciò non crescono nelle acque torbide che si trovano per esempio alla foce dei fiumi). Crescono in associazione alle alghe verdi, che sono organismi eufotici, (organismi che hanno bisogno di molta luce), e vivono perciò a basse profondità (non più di –40 m), lì dove i raggi
del Sole arrivano ancora in abbondanza.

Oltre al riscaldamento dell’acqua oceanica, all’aumento di inquinamento e della melmosità, bisogna considerare anche la pesca di frodo, che spesso viene effettuata con vere e proprie esplosioni sottomarine e che dà un forte contributo alla distruzione di questo meraviglioso ecosistema.

Le zone maggiormente deteriorate sono situate nel sud-est asiatico, dove il tasso di distruzione va dal 38% al 45%, mentre le barriere coralline che si trovano in Australia, nel Mar Rosso e nel Pacifico beneficiano di una maggiore salvaguardia ed hanno quindi un tasso di distruzione del 2-4%.


-Giulia Guidobaldi-

Il mistero del Moby Prince

La sera del 10 aprile del 1991, nella rada del porto di Livorno, avvenne un evento tragico.
Un traghetto appena salpato e diretto ad Olbia, in Sardegna, di nome “Moby Prince”, colpì in pieno una petroliera dell’Agip che si trovava alla fonda, la “Agip Abruzzo”.
Lo scontro fu tremendo e il traghetto, investito dal petrolio fuoriuscito dalla falla apertasi nella petroliera, iniziò a bruciare come una torcia.
Morirono 140 persone, solo un uomo riuscì a salvarsi.


La versione ufficiale dell’accaduto è la seguente: quella sera c’era una fitta nebbia davanti Livorno e inoltre era in corso una importante partita di calcio (precisamente la finale di coppa UEFA Juventus-Barcellona), che l’equipaggio della Moby stava seguendo in tv; dunque la nebbia e la disattenzione sarebbero
state le cause della tragedia, oltre a qualche difetto nel sistema radar…
Questa la versione ufficiale, data dalla capitaneria di porto di Livorno solo 10 giorni dopo il disastro, e confermata dal processo durato per due anni, terminato nel 1997 con l’assoluzione di tutti gli imputati (uomini della petroliera e responsabili dei soccorsi, arrivati con molto ritardo).




(nella figura: prima pagina
di un quotidiano, 11 aprile 1991)

Ma sono tanti i punti oscuri su cui non si è affatto indagato, se non in modo superficiale, e sono tante le stranezze di quella tremenda notte, tanto che leggendo libri-denuncia come quello di Enrico Fedrighini “Moby Prince, un caso ancora aperto”, che hanno fornito prove grazie alle quali il processo verrà riaperto (notizia del 13ottobre), fanno apparire quella storia come un incredibile e intricato giallo internazionale. Ma vediamo qualcuno dei punti più importanti che smontano la tesi della fatalità e della distrazione dell’equipaggio.


(nella foto: il Moby Prince a incendio domato )
PRIMO. Da numerose testimonianze risulta che quella notte non c’era affatto nebbia sul mare davanti Livorno.
SECONDO. Non c’era nessuna televisione nella plancia di comando del Moby Prince, e quindi anche la tesi della partita “distrattrice” sarebbe falsa.

TERZO. Da alcune barche ancorate in rada furono viste delle navi allontanarsi rapidamente dal luogo della collisione, mentre già il Moby bruciava. Perché non prestarono soccorso? E soprattutto che ci stavano a fare lì, quando ufficialmente non dovevano esserci?

QUARTO. Da un’analisi attenta risulta che il Moby Prince colpì la petroliera mentre tentava di rientrare in porto, e non mentre se ne allontanava! Perché questo dietrofront?

QUINTO. La “scatola nera” posta sul timone del traghetto scomparve dal relitto, così come fu stranamente tagliato il nastro amatoriale girato da un passeggero del traghetto, poi morto nell’incendio, proprio nei minuti del disastro.

SESTO. Quella sera, nella rada del porto di Livorno, c’erano ben 6 navi militari americane, impegnate in un’operazione di sbarco di armi: vicino Livorno infatti c’è la grande base USA di Camp Derby, dove sono ancora oggi stoccate migliaia di armi e mezzi militari americani. Quelle navi erano appena tornate dalla guerra del golfo, conclusasi un mese prima. (la prima guerra del golfo s’è svolta dal gennaio al marzo del 1991).Ma quell’operazione non doveva avvenire di notte. E poi gli americani avevano annunciato la presenza di sole tre navi, mentre oggi sappiamo che ce n’erano sei!

SETTIMO. Nei momenti dell’incendio molti testimoni videro un elicottero volteggiare sulla zona prima di scomparire. L’elicottero non era né dei soccorsi né delle forze armate italiane. A chi apparteneva? Dopo quindici anni ancora non lo sappiamo, e gli americani della base di Camp Derby non hanno mai permesso agli italiani di indagare sugli elicotteri parcheggiati nella base.

OTTAVO. I radar delle navi di soccorso andavano in tilt appena si avvicinavano alla zona della collisione. Perché?

NONO. Un’altra nave, descritta dall’equipaggio della petroliera come un peschereccio bianco, venne vista attraversare rapidamente le acque del porto quella sera. Ma che ci faceva un peschereccio di notte, in mezzo a tante navi militari?

DECIMO. Con certezza si sa che nell’aprile del 1991 era ancorato nel porto di Livorno il peschereccio “21Ocktobar II”, una nave regalata dallo stato Italiano alla Somalia per aiutare (nel quadro della cooperazione) questo paese africano fornendogli mezzi.
Ufficialmente la nave era in riparazione, ma il pomeriggio del 10 aprile fu vista una bettolina rifornire i suoi serbatoi. Perché? Che fosse proprio la “21 Octobar II” la nave bianca vista correre nel mare quella sera?
UNDICESIMO. La nave 21Ocktobar II, sarà oggetto due anni dopo di un’ indagine giornalistica da parte di Ilaria Alpi, giornalista del Tg3, uccisa poi nel marzo del 1994 a Mogadiscio, capitale della Somalia, assieme al cineoperatore Miran Hrovatin. Una delle ipotesi più accreditate , per non dire certe, è che Ilaria Alpi sia stata
uccisa perché aveva scoperto con la sua indagine giornalistica qualcosa che NON DOVEVA SAPERE: e cioè un traffico d’armi fra Somalia ed Italia che avveniva utilizzando le navi della cooperazione, ufficialmente dei pescherecci. Fra questi pescherecci c’era pure la 21OcktobarII.
Ilaria Alpi sarebbe stata uccisa perché con la sua indagine aveva scoperto qualcosa di enorme, in cui c’entravano i militari americani, lo stato italiano, e i 140 morti del Moby Prince? Naturalmente, essendo il processo aperto, queste sono “soltanto” ipotesi.I punti che ho elencato sono però dati di fatto.
(per qualche dato in più vai su:
http://www.diario.it/index.php?page=cn05071549

P.S.

Il processo sul Moby Prince è stato riaperto, e stavolta a disposizione dei magistrati ci saranno anche delle nuove prove: SONO 5 FOTO SATELLITARI scattate da stazioni satellitari tedesche e spagnole la mattina del 10 e dell’11 aprile proprio sopra la zona di Livorno.
Non furono prese in considerazione, all’epoca, ma oggi potrebbero SERVIRE A far luce sui misteriosi movimenti che avvennero quella sera, e far chiarezza suquesta ennesima pagina nera della storia d’Italia .

- Lorenzo Pasqualini-

22 giugno 2006

Viaggio al centro della Terra

La grotta dei cristalli (Messico)
Sembra di essere stati catapultati in una favola di Jules Verne e invece è la pura realtà! E’ la natura, che ancora una volta ci mostra una sua meraviglia, un suo miracolo: una foresta di cristalli di gesso purissimo (selenite), i più grandi del pianeta, di dimensioni fino a dodici metri di lunghezza e due di diametro, purissimi, sono stati trovati in una grotta del Messico.
Ci troviamo nello Stato di Chihuahua, nel Messico settentrionale, in un paesino minerario a 1500 metri sul livello del mare chiamato Naica, nome che significa “luogo ombreggia-to” per via dell’ombra che la Sierra proietta nel deserto circostante.
E’ famosa per le sue miniere ricche di piombo, argento e zinco, sfruttate fin dalla fine del 1800.
Già nei primi del ‘900 durante la costruzione di una miniera era stata scoperta nella zona una grotta (grotta delle spade) con cristalli di selenite grandi fino a due metri, ma l’incontrollato sfruttamento minerario l’ha privata dei migliori pezzi modificandone il microclima e danneggiandola irrimediabilmente. La grotta dei cristalli, dove sono stati trovati i pezzi di dimensioni più consistenti (parte di un vero e proprio geode), è stata scoperta anch’essa per caso, durante gli scavi di un tunnel di comunicazione in una miniera a 300 metri di profondità, nell’aprile del 2000. Gli enormi cristalli scoperti, unici al mondo,
sono cristalli di selenite (letteralmente “pietra di Luna”) nome che veniva dato alla forma più pura e bianca
del gesso (solfato di calcio idrato CaSO4*H2O).

MA COME SI SONO FORMATE TALI IMMENSE STRUTTURE?
Per raggiungere le eccezionali dimensioni raggiunte a Naica devono essere intervenute condizioni chimico-fisiche particolari e rarissime, su cui cercheranno di indagare le future spedizioni. Nel frattempo però sono già disponibili alcuni dati:
la loro formazione è avvenuta in ambiente sommerso, quando la grotta era al di sotto del livello della falda acquifera locale.
Va detto che ci troviamo all’interno di montagne calcaree formatesi 200 milioni di anni fa e nelle quali si sono sviluppati numerosi reticoli di grotte e cunicoli. Essi erano attraversati da acque termali con temperature fino a 52°C , sature di solfuri (probabilmente il calore è dovuto a un corpo intrusivo posto a circa due chilometri di profondità); i macro-cristalli si sono accresciuti sott’acqua, in punti di contatto tra le acque termali e le acque fredde esterne, infiltratesi in profondità attraverso spaccature del terreno.
L’acqua termale e quella fredda non hanno potuto miscelarsi per via della diversa densità, e sulla superficie che le separava è avvenuta la diffusione dell’Ossigeno che ha portato all’ossidazione degli ioni solfuro in solfato e alla conseguente precipitazione di gesso. Per migliaia di anni ci sono state le giuste condizioni per
il deposito di tale minerale, finché il sito non è stato svuotato per via dei lavori minerari, che hanno causato l’abbassamento della falda freatica.

IL PROGETTO
Nel gennaio 2006 l’associazione di esplorazioni geografiche “La Venta”, con un team di ricercatori e speleologi che vanno dai biologi ai fisici ai geologi e ai medici, ha ottenuto dalla concessionaria della miniera la possibilità di fare ricerche multi disciplinari nei prossimi tre anni.
La maggiore difficoltà sarà quella della permanenza all’interno della grotta,
dove le temperature arrivano quasi a 50° e il tasso d’umidità
è del 100%. A tale scopo sono state progettate tute condizionate che permetteranno una resistenza fino a due ore, e dei respiratori che raffred-deranno l’aria prima del suo arrivo ai polmoni.

La prima grande spedizione è prevista nel dicembre del 2006, e avrà l’obiettivo di rispondere a questi quesiti: come, perché e quando si sono formati tali macro cristalli? C’è vita in questo ambiente limite? Se si, ha avuto un ruolo nella crescita dei cristalli? I cristalli sono ancora stabili in questo ambiente che l’uomo ha modificato?
Come si comporta il corpo umano in un simile ambiente?
E infine, come conservare questa meraviglia?
(pensate che per mantenere la miniera “asciutta” vengono pompati 1000 l d’acqua al secondo…cosa succederà quando la miniera avrà esaurito le sue risorse “utili”?

-Giulia Guidobaldi-

12 giugno 2006

TEMPI MODERNI

Che cos'è la Globalizzazione?

Dopo la caduta dell’URSS e quindi la fine del socialismo al potere, il sistema economico capitalistico ha vinto su tutti i fronti, rimanendo incontrastato.

Esso però ha vinto a causa del fallimento altrui, (il fallimento del sistema economico socialista) e non perché sia il modo migliore di vivere: ha infatti al suo interno gravi contraddizioni, ed è causa di forti ingiustizie nel mondo oltre che della distru-zione dell’ambiente.

Il capitalismo è cambiato nel corso dei decenni, assumendo via via forme diverse; dal 1991 (crollo dell’URSS) ci troviamo in una fase
di “seconda rivoluzione capitalista”, chiamata Globalizzazione economica.
E’ il tentativo (tentativo che sta riuscendo) dei grandi gruppi finanziari, delle società private, delle multinazionali, di creare nel mondo un unico enorme mercato dove le merci possano circolare libera-mente, senza ostacoli.

Gli ostacoli al libero scambio però sono le leggi che tutelano i diritti umani e sindacali di chi lavora, le leggi che tutelano l’ambiente dallo sfruttamento esagerato.
La globalizzazione non si ferma dinanzi ad essi, perché il suo obiettivo è realizzare denaro nel modo più rapido e conveniente possibile.
Quindi i diritti umani e sindacali, la tutela dell’ambiente, diventano carta straccia per questa nuova forma di capitalismo, e vengono continuamente calpestati.

Ai nuovi padroni del mondo, cioè coloro che sono a capo dei grandi gruppi industriali e finanziari, non importa se la produzione di una determinata merce viene fatta con lo sfruttamento dei lavoratori, magari anche minorenni (e oggi nel mondo oltre 300 milioni di bambini vengono sfruttati brutalmente).
Non importa se l’industria che produce il tale prodotto inquina e distrugge l’ambiente; a loro interessa solamente che quella merce venga prodotta con il costo più basso possibile, e che sia quindi il più possibile competitiva sul mercato.
Non guardano certo al modo in cui essa è stata prodotta!

A COSA PORTA L’UNIFICAZIONE DEI MERCATI?
Uno degli effetti più vistosi della globalizzazione è l’omologazione degli abitanti del pianeta.

Tutti diventano consumatori dello stesso tipo di merci (e le pubblicità giocano in questo un ruolo decisivo) mentre chi non può accedervi, perché troppo povero, è tagliato fuori.
Questa gente “tagliata fuori” dal commercio è oggi la stragrande maggioranza degli abitanti del mondo, e nonostante la produzione globale di alimenti di base rappresenti oltre il 110% del fabbisogno mondiale (tradotto: basterebbe per tutti), 30 milioni di persone muoiono di fame ogni anno e 852 milioni soffrono la malnutrizione.
Il reddito dei più ricchi supera di 82 volte quello dei più poveri e dei 6 miliardi di persone che popolano il pianeta soltanto 500 milioni vivono nell’agiatezza. Molti di questi “miserabili” lavorano, sfruttati e malpagati, nelle industrie che producono merci, merci a cui essi non avranno mai accesso, oppure emigrano, in cerca di fortuna, nei paesi ricchi, dai quali però vengono scacciati.

Parlavamo della pubblicità;
nel mondo globa-lizzato essa diventa, per i potenziali consumatori, una sorta di bacchetta magica che “crea” bisogni, convince milioni di persone dell’utilità o della bontà di un determinato prodotto, e in questo modo mette in movimento un gigantesco meccanismo di produzione e profitto.

Con la globalizzazione diventa merce anche la cultura e l’informa-zione: i telegiornali diffondono solo una parte delle notizie, tacendo su quelle scomode al Potere (violazioni dei diritti umani ad opera di multinazionali, guerre in paesi “dimenticati”, decisioni prese dai grandi organi come
Wto, Banca mondiale eccetera), mentre proliferano i programmi tv e i giornali di pettegolezzo, che hanno certamente più successo di un documentario culturale serio ed approfondito, e che quindi rendono di più, ma fanno marcire il cervello di milioni di persone, le quali lentamente ma inesorabilmente vengono addormentate, fino a diventare soltanto macchine passive, consumatrici di merci, senza un minimo di consapevolezza..

Inoltre questi programmi mettono spesso in moto grandi meccanismi che fanno crescere ancor di più il profitto di qualcuno: l’abbigliamento degli attori famosi o dei calciatori, i prodotti sponsorizzati nello sport, tutto viene preso e utilizzato per produrre soldi.

Anche il viaggio diventa merce: nascono i “pacchetti turistici”, viaggi preconfezionati che portano il pubblico pagante in luoghi lontani, sistemandoli in alberghi o villaggi turistici dove non si ha la minima percezione di quali siano le culture e gli usi locali, e in cui le usanze più “da cartolina” vengono prese a prestito ed usate anch’esse come merce (vendita di oggetti “locali” finti, indigeni del luogo vestiti in abiti folkloristici che “allietano” il turista...)

Si tratta di una mercificazione del viaggio, che viene così svilito della sua importanza; viaggio significa muoversi per conoscere culture diverse, capirle… (ed è capendo le altre culture che può nascere un mondo più solidale). Non significa usufruire di piscine e di mari azzurri esotici, senza però uscire dalle mura di un villaggio turistico dove magari si mangia come nel proprio paese.
[Drammatica parentesi è quella del turismo sessuale: migliaia di uomini occidentali, e il fenomeno è in crescita, si muovono ogni anno dai loro paesi per “andare a donne” nei paesi poveri; a riguardo c’è l’esempio del Brasile, dove il giro del turismo sessuale fa fatturare ogni anno milioni di dollari a singoli criminali, gruppi mafiosi: essi sfruttano ragazze giovanissime, a volte bambine, vendute ai bordelli dalle loro famiglie oppure rapite, costringendole a prostituirsi con uomini ricchi che sono venuti da lontano apposta per questo. Cos’è questo se non un altro aspetto della globalizzazione? Una macchina tremenda che arricchisce alcuni, e fa di questi pochi ricchi i padroni assoluti.]

Il trionfo del Re denaro porta inevitabilmente con se anche immoralità, corruzione..
Basti pensare allo sport: da quando il calcio (ma la stessa cosa vale per altri sport) è diventato fenomeno di massa, merce da vendere a milioni di spettatori, il gusto del gioco è stato soppiantato dal bisogno di “fare soldi” ed ecco allora le società calcistiche diventare società per azioni (quotate in borsa), e palate di soldi entrare grazie ai diritti televisivi e agli sponsor… E poi la pressione sugli atleti (pagati a prezzi d’oro) crescere, con il conseguente uso di droghe…
E poi la corruzione degli arbitri, il tutto, ancora una volta, volto al profitto, al fare soldi! (E’ di quest’ ultimo mese la notizia che importanti squadre di serie A, in Italia, compravano gli arbitri, spostando a loro favore il risultato delle partite).

Anche l’istruzione diventa merce, ed ecco il tentativo di rendere scuole e università unicamente private, fatto che permetterebbe solo ai ricchi di accedere all’istruzione.
E poi ancora, il tentativo di privatizzazione di beni comuni come l’acqua, il cibo, per trarre profitto anche da essi.

Ma per fortuna, di fronte a questa ondata crescente della globalizzazione, che CONSUMA TUTTO, FA SPRECARE ENORMI QUANTITà DI RISORSE NATURALI, PRODUCE TROPPO SENZA RIUSCIRE A SFAMARE LA GRAN PARTE DEGLI ABITANTI, E INTOSSICA IL PIANETA RICOPRENDOLO DI RIFIUTI, è nata una vivace protesta.


C’è chi lo chiama “movimento no-global”, proprio perché si oppone alla globalizzazione, ma si tratta di una enorme rete di associazioni, organizzazioni non governative ecc., che si battono nel locale affinché il mercato e il settore privato non si approprino dei beni pubblici e sociali (vedi le lotte contro la privatizzazione dell’acqua), che manifestano assediando i vertici dove i paesi ricchi decidono le sorti del mondo, per alzare l’attenzione della gente e fargli capire che “lo stato di cose attuale non va bene”, con la povertà che continua ad essere la regola ed il benessere l’eccezione, e che “si può cambiare”.
Questi movimenti, che hanno fatto il loro “esordio”a Seattle nel 1999, o forse prima, nel 1994 con l’insurrezione zapatista in Messico, e che hanno continuato, sempre più numerosi, a Davos, Genova, Praga, Cancun… non contestano soltanto: hanno creato delle realtà chiamate “forum sociali mondiali” dove ogni anno (dal gennaio del 2001 con il forum di Porto Alegre in Brasile), si riuniscono migliaia di persone della società civile di tutto il mondo per unire le proprie conoscenze ed esperienze e tentare di costruire un’alternativa al capitalismo globalizzato.

Non si tratta di qualche sparuto sognatore-illuso: si tratta di centinaia di migliaia di persone che nei loro paesi portano avanti lotte importanti (vincendo in certi casi), frenando il disastro che la globalizzazione provoca. Sono anche sognatori, perché non si arrendono, non dicono “tanto è tutto troppo enorme e complicato per riuscire a cambiarlo” ma si battono, nel locale, accendendo fuochi un po’ ovunque.
E’ in questo modo, togliendo il terreno sotto ai piedi del nuovo capitalismo che si potrà arrivare a un mondo meno miserabile e inquinato. La vittoria dei boliviani che hanno impedito la privatizzazione dell’acqua nel loro paese, la creazione di comunità autonome in Chiapas, dove le terre sono state sottratte alle multinazionali, e ancora la creazione di mercati alternativi di merci prodotte in modo equo e solidale, sono alcuni dei tanti esempi di fuochi che un po’ in tutto il mondo si stanno accendendo contro questa nuova forma arrogante e devastante di potere

IL NUOVO POTERE
In quest’epoca di globalizzazione economica gli Stati nazionali hanno sempre meno potere decisionale, sovrastati da istituzioni ben più potenti, e il voto democratico dei cittadini risulta sempre meno determinante; queste istituzioni sono quelle che si occupano del denaro, della circolazione delle merci. Sono quattro: il WTO, la Banca mondiale, il Fondo monetario Internazionale e l’OCSE.
Vediamo in sintesi cosa sono:

- il WTO
E’ la World Trade Organization, cioè l’organizzazione mondiale per il commercio (Omc).
E’ nata nel 1995 come evoluzione del precedente accodo chiamato Gatt, a sua volta nato nel ’48 per favorire il commercio internazionale dei beni. Lo scopo principale del WTO è quello di favorire gli scambi di merci fra i paesi del mondo aumentando sempre più il volume del commercio internazionale. Questo obiettivo viene raggiunto mediante una progressiva diminuzione dei dazi e delle tariffe doganali, oltre che delle leggi e norme nazionali che ostacolano il libero commercio.
Facciamo qualche esempio di come tutto ciò si traduce nei fatti: alla fine degli anni’90 il governo degli USA varò una legge che avrebbe impedito ai pescatori di tonno di usare reti a strascico, per evitare che anche i delfini finissero uccisi. La legge prevedeva che le scatolette di tonno avrebbero dovuto riportare l’etichetta “dolphin free” ad indicare metodi di pesca ambientalmente più sostenibili.

Il WTO però sentenzio che si trattava di una legge discriminatoria; “il tonno è un tonno indipendentemente da come viene pescato”, dissero, e obbligarono gli Usa a tornare sui loro passi.

Analogamente ai delfini per il Wto un pallone da calcio, o una scarpa, o un qualsiasi prodotto realizzato sfruttando il lavoro minorile oppure utilizzando manodopera sottopagata, e senza diritti sindacali, è esattamente uguale a un lavoro realizzato da lavoratori tutelati; ed è facile immaginare che è molto più conveniente per una azienda dare paghe basse ai suoi lavoratori, non dover rispettare norme di sicurezza o diritti umani, piuttosto che il contrario!
La stessa cosa vale in campo ambientale: è più conveniente costruire una fabbrica in un paese dove lo Stato non ne regolamenti la costruzione con norme e vincoli!

Il WTO dunque non si pone problemi “etici”: esso ha come fine la sempre maggiore circolazione delle merci, volto com’è alla creazione di un unico grande mercato globalizzato, e se ne infischia dei diritti umani e della tutela dell’ambiente.

Gli Stati, le nazioni, sono deboli di fronte al WTO in quanto trasgredendo le sue regole si può incorrere in pesanti sanzioni economiche (multe salate).
E’ facile immaginare quindi che su molte decisioni in campo di diritti umani-sindacali e di tutela dell’ambiente, le Nazioni non hanno più voce in capitolo!
Ecco il paradosso dei tempi moderni: in un’epoca in cui il numero di regimi dittatoriali è calato fortemente rispetto a soltanto vent’anni fa, le ingiustizie a danno delle persone crescono continuamente, e con esse il saccheggio delle risorse, l’inquinamento.

Fra le regole del WTO c’è anche il fatto che uno Stato non può trattare un’impresa estera (installatasi nel suo territorio) meno bene di quanto non faccia con un’impresa nazionale. Diventa quindi impossibile per gli Stati membri accordare una preferenza alle proprie imprese e, specie nei paesi del sud del mondo, finisce che le multinazionali fanno quel che gli pare, arricchendosi sul suolo altrui senza portare il minimo beneficio all’economia locale!


-
FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE E BANCA MONDIALE-

Questi due organi nascono nel 1944 con l’obiettivo di fissare le regole del nuovo ordine economico internazionale al termine della seconda guerra mondiale.


Il FMI doveva vigilare sullo stato di salute dell’economia e della finanza mondiali, garantendo stabilità alle valute dei vari paesi e dando un sostegno finanziario ai paesi in momentanea difficoltà.

La BM invece era nata come organismo di assistenza nell’opera di ricostruzione dei paesi distrutti dalla guerra.

A partire dagli anni ’70 però la funzione dei due organismi si è un po’ modificata; la Banca mondiale ha iniziato ad elargire enormi quantità di prestiti ai paesi del sud del mondo, i più poveri, che però senza la possibilità di ripagarli hanno cominciato a indebitarsi sempre più…
Secondo i decisori della BM e del Fondo Monetario questi prestiti avrebbero dovuto permettere la realizzazione di grandi opere infrastrutturali e il miglioramento dell’economia di questi paesi. Ma in realtà questi paesi hanno solo aumentato il loro debito, ed esso è diventato la catena che blocca il loro sviluppo autonomo, un fardello enorme che li schiaccia impedendogli di uscire dalla povertà. La necessità di rimborsare il debito ha spinto i paesi del Sud a una corsa all’aumento delle produzioni per l’ esportazione; ciò ha reso le economie locali dipendenti da pochi prodotti.

Così molti di questi paesi, un tempo autosufficienti, si sono visti costretti a importare generi alimentari di prima necessità in quanto le terre migliori da sempre destinate alla produzione per il consumo locale erano state riconvertite a prodotti da esportazione quali il caffè, il cacao…

In questo contesto si è inserita anche la “rivoluzione verde” gestita e sospinta dalla BM: con l’idea che le produzioni locali non erano in grado di assicurare il sostentamento delle popolazioni locali si è passati a coltivazioni ad alto rendimento, con uso intensivo di pesticidi..
L’ambiente ne è rimasto sconvolto, e i benefici sono andati non alle popolazioni locali bensì ai padroni delle multinazionali ed ai latifondisti.

Mentre la Banca concede sempre più prestiti ai paesi del Sud, il Fondo, da supervisore della stabilità finanziaria internazionale è diventato guardiano e controllore di questi stessi paesi, facendosi arbitro delle liberalizzazioni del mercato, delle privatizzazioni.
L’Argentina è l’esempio da manuale di ciò che questi due organismi fanno; il paese è stato per oltre dieci anni “l’allievo” modello del fondo monetario, privatizzando tutti i beni pubblici e statali: petrolio, miniere, elettricità, acqua, telefonia, ferrovie, servizio postale, tutto è stato venduto ai privati.

Ha inoltre liberalizzato completamente il commercio con l’estero (quindi i prodotti più a basso costo provenienti dall’estero hanno messo in ginocchio le aziende locali), ha licenziato e diminuito lo stipendio a decine di migliaia di lavoratori per ridurre il deficit pubblico. La banca mondiale nel frattempo ha continuato con i suoi prestiti, indebitando ancor di più il paese (il debito dell’Argentina in dieci anni si è moltiplicato per sedici)finchè la situazione, nel dicembre 2001, non è esplosa: il paese, svuotato di tutto ciò che aveva di pubblico, ha assistito a una “fuga di capitali all’estero”, rimanendo totalmente a secco.
Il denaro ha subìto una svalutazione improvvisa e milioni di abitanti si sono ritrovati senza più nulla, a fare la coda davanti alle banche per poi scoprire che non era rimasto nulla dei loro patrimoni.
In quel dicembre del 2001, mentre gli argentini sprofondavano nella miseria e scendevano per strada in rivolta, i capi delle fabbriche, i dirigenti di aziende, banche, e di tutte le società una volta pubbliche ma ora privatizzate, fuggivano all’estero, per mettere al sicuro soldi e pelle.
E’ allora che è nata la vicenda emblematica delle fabbriche abbandonate autogestite dagli operai, una vicenda emblematica (raccontata nel bel film “the take”, di Avi Lewis), che dimostra come siano possibili vie diverse dal capitalismo.

Quali sono le proposte dei movimenti per cambiare queste istituzioni? Essi puntano alla soluzione meno impossibile, per il momento, e cioè che questi organismi vengano riformati e riportati sotto il pieno controllo dell’ONU. Sarebbe il primo passo.
Certo è che essi non sono organismi di aiuto ma al contrario fra i responsabili principali delle gravi disuguaglianze presenti nel mondo; basti pensare che la Banca mondiale ha veicolato nell’Africa sub-sahariana una mole enorme di aiuti economici (270 miliardi di dollari dagli anni 70 ad oggi), eppure i paesi di quell’area sono molto più poveri di come erano trent’anni fa.

La verità è che Banca mondiale e Fondo Monetario hanno finanziato opere che sono andate unicamente a beneficio di multinazionali e settori privati, senza perciò aiutare le economie locali.
Hanno obbligato decine di paesi ad attuare privatizzazioni e liberalizzazioni, le quali hanno avuto come effetto:
maggiore povertà, maggiori disparità sociali. Il finanziamento di enormi opere come oleodotti, gasdotti, dighe eccetera, hanno determinato danni ambientali gravissimi.

IN CONCLUSIONE

Il discorso sulla Globalizzazione è enormemente più ampio e complesso e ci sarebbe da parlare ancora molto.

Vorrei però sottolineare ancora quelli che sono tre punti importantissimi:
1. la globalizzazione vuole ridurre il mondo a un grande mercato, ma ciò comporta e comporterà disastri enormi.
2. i singoli stati, i governi, sono ormai impotenti di fronte a certe decisioni, e sono le nuove istituzioni come Wto e Fmi a decidere le regole del gioco: le democrazie sono state svuotate dei loro contenuti.
3. esiste chi si ribella a tutto questo.

Per questi contestatori è di primaria importanza il “disarmo del potere finanziario”.
I modi ci sono, sono tanti, anche se probabilmente ancora senza nome.
Ma è certamente meglio battersi per trovarli, è certamente meglio indignarsi contro le ingiustizie e lottare perché esse siano sconfitte, piuttosto che buttarsi su un divano con in testa la malinconia della frase: “tanto non cambierà”

“Abbi il coraggio di percorrere strade che nessuno ha ancora percorso, di pensare idee che nessuno ha ancora pensato”
(scritta su un muro di Parigi, maggio francese 1968)

-Lorenzo Pasqualini-

03 giugno 2006

La risposta è nel Sole e nel vento

IL FUTURO DELL'ENERGIA

La domanda di energia in tutto il mondo cresce sempre più: da qui al 2020 si stima che l’aumento del consumo energetico mondiale sarà di circa il 60%.
Questo perché la popolazione umana sta crescendo, stanno diventando sempre più grandi le zone urbane, e paesi popolatissimi come la Cina e l’India sono in pieno boom economico, con conseguente aumento del benessere e quindi del consumo.

Ma il nostro pianeta è sempre più inquinato a causa dell’uso massiccio di combustibili fossili (petrolio, gas, carbone) e questo determina gravi problemi ambientali e climatici. Inoltre i combustibili fossili sono risorse limitate; il petrolio potrebbe scarseggiare già fra qualche anno, e la sua minore quantità ne farà impennare il costo, come del resto sta già accadendo. Si moltiplicheranno le guerre per il suo possesso, aumenterà l’instabilità nei luoghi in cui viene estratto (Golfo Persico, Nigeria, Venezuela..)

Se l’uomo vuole continuare ad avere energia disponibile e contemporaneamente non devastare irrimediabilmente il pianeta, deve trovare un rimedio.
Che fare allora?
Le soluzioni esistono, e vengono dal vento e dal Sole.
L’energia solare e quella eolica, definite “rinnovabili”, oltre a non provocare inquinamento né gravi rischi ambientali (non richiedono la costruzione di oleodotti né di gasdotti, non producono fumi), non creano neanche tensioni geopolitiche.
Inoltre permettono l’accesso all’energia a chi non l’avrebbe (a riguardo c’è l’esempio della Mongolia, dove migliaia di persone che vivono in baracche hanno ora accesso alla luce, alla radio e alla tv grazie ai pannelli istallati sui tetti delle loro “case”).

Ma vediamo in breve questi due tipi di energia inesauribile.

L’ENERGIA SOLARE.
Copre oggi soltanto l’1% della domanda di energia elettrica mondiale, anche se dagli anni ’90 il suo utilizzo cresce a ritmi del 30%.
Viene prodotta utilizzando le celle fotovoltaiche* che possono essere di diverso tipo e che soprattutto hanno una diversa resa.
Le celle di prima generazione, quelle maggiormente utilizzate, hanno una bassa efficienza (cioè soltanto una piccola percentuale dell’energia luminosa captata viene trasformata in energia elettrica), mentre quelle di terza generazione, su cui si sta ancora studiando (e che non saranno pronte prima di 40 anni) saranno (forse) in grado di sfondare la barriera del 60% di efficienza.
Alcuni laboratori di ricerca stanno lavorando alla creazione di enormi specchi che, concentrando i raggi del Sole, sarebbero in grado di produrre calore il quale poi alimenterebbe un generatore.
E ancora, un’altra frontiera è quella di stendere minuscole particelle di semiconduttore su pellicole sottili; questo permetterebbe al solare di diventare molto economico e competitivo.

Tuttavia nei prossimi anni saranno ancora le celle di prima generazione ad essere maggiormente usate, ponendo però dei problemi: richiedono per la loro costruzione una certa quantità di silicio (materiale richiesto massicciamente anche nel campo della microelettronica)ed altri materiali come metalli pesanti e superconduttori che sono nocivi alla salute. Inoltre serviranno anni di produzione prima che si riesca a coprire i costi dell’estrazione di silicio (anche se, come già detto, la ricerca scientifica sta lavorando a pannelli sempre più efficienti e costruiti con materiali meno nocivi e più economici).

Sono questi i problemi del foto-voltaico, oltre al fatto che per sopperire al fabbisogno mondiale di energia bisognerebbe coprire con pannelli solari superfici molto estese del pianeta; (si consideri che per soddisfare la domanda di energia elettrica di tutti gli USA servirebbero 26 mila chilometri quadrati di pannelli..un’area più o meno grande come la Sicilia o il Piemonte).
A riguardo però ci sono delle importanti soluzioni: ricoprendo gli edifici delle città con celle solari, si renderebbero autonome dal punto di vista energetico abitazioni, uffici, e magari anche industrie.

In alcuni casi i pannelli potrebbero addirittura sostituire i materiali da costruzione tradizionali. In Danimarca una città è stata costruita interamente in questo modo, con pannelli solari posti su ogni edificio, e si è raggiunta la completa autonomia energetica..
Chiaramente più le celle saranno efficienti (e verso questo la ricerca sta puntando) minori superfici andranno coperte per produrre energia. Ma il dato da sottolineare è che in uno stato come gli USA, per arrivare all’autosufficienza energetica basterebbe coprire con pannelli meno del 25% dei tetti e delle sedi stradali dei centri urbani. (dati: National Geographic- agosto 2005)

ENERGIA EOLICA.
E’ progredita molto negli ultimi vent’anni, rivelandosi in molti casi come la tecnologia meno costosa. Nell’ultimo decennio (dati del 2003) la capacità globale dell’eolico è cresciuta a un tasso annuale del 30%, producendo energia elettrica in 45 paesi del pianeta. L’Europa è all’avanguardia, e ancora una volta è la Germania ad essere fra i paesi più avanzati. In questo paese dopo il disastro di Cernobyl del 26 aprile 1986 (leggi Carta Vetrata - numero zero)è cresciuta una forte opposizione al nucleare che ha portato a un forte sviluppo nel settore delle energie rinnovabili.
Nel 1990 il governo ha promulgato una legge che permette ai privati di vendere agli enti di servizio la propria energia rinnovabile prodotta (con pale eoliche o con celle solari), a prezzi competitivi. Questa misura ha fatto crescere in maniera esponenziale l’uso dell’eolico in Germania.

Le nuove frontiere dell’eolico sono la costruzione di pale sempre più efficienti (che sappiano seguire la direzione del vento per essere sempre utilizzabili), di pale sottomarine che sfruttino le correnti, e ancora la costruzione di pale in mezzo al mare, dove il vento è più forte..

In Danimarca, dove l’eolico soddisfa circa il 20% della domanda energetica nazionale, è stata costruita la pala eolica più grande del mondo; è alta 183 metri ed è in grado di fornire, da sola, energia per 5000 abitazioni.

Anche l’eolico, come il solare ha i suoi svantaggi.
Ad esempio la moria degli uccelli, che vengono colpiti dalle pale in movimento..
A riguardo però manca ancora uno studio scientifico approfondito che mostri la consistenza di quest’impatto. Che le pale siano una causa di mortalità tra i grossi uccelli veleggiatori (rapaci, cicogne, etc.) è un dato di fatto; ma non è chiaro se tale mortalità abbia effetti sul trend della popolazione, e quindi se sia contraria alla sua conservazione, o rientri in un livello di mortalità compensatoria e quindi sostenibile dalle singole specie.

Altro problema: la compatibilità con l’ambiente. Spesso, (e ultimamente anche in Sardegna e in Toscana), una parte della popolazione locale si manifesta contraria alla costruzione di pale “nel loro cortile”, con la motivazione che sono brutte.. Ecco allora che governi come quelli danese e tedesco si sforzano affinché le centrali vengano costruite in mare, dove inoltre c’è più vento.
Ma è chiaro che alcuni sacrifici anche in termini di impatto visivo andranno fatti; se è vero che è brutta una pala di metallo svettante fra verdi colline e prati fioriti, è anche vero che lontano da quelle verdi colline si continua ad estrarre e bruciare petrolio, carbone, con la conseguenza che il pianeta è sempre più inquinato

IN ITALIA?
Sia sul solare che sull’eolico siamo ancora indietro, con cifre piuttosto basse di produzione energetica..
Tuttavia si inizia a parlare di rinnovabili anche a livello istituzionale e il 28-7-2005 è stato varato un decreto ministeriale (art.7 comma 1 D.lgs 29-12-03 n.387) che incentiva la installazione di impianti per energia solare.

Come dimostra l’esperienza della Germania, il modo per far decollare lo sviluppo delle energie rinnovabili è creare un collegamento con la rete energetica nazionale: in questo modo ogni singolo (per esempio una persona che vive in una casa alimentata da pannelli), può vendere agli enti di servizio (da noi sarebbe l’enel) l’eccesso di energia da lui prodotto, a prezzi competitivi.

Questo incentiverebbe di molto l’uso di energie rinnovabili nel nostro paese, che peraltro essendo molto più esposto al Sole di quanto non sia la Germania e i paesi del nord, avrebbe dal solare importanti risultati.
(E anche il vento, in determinate località, è piuttosto forte).
Altra cosa che in Italia manca è un forte sostegno alla ricerca, che da noi è molto attiva nel settore del solare, con riconoscimenti internazionali.
(Da sottolineare che a Serre, vicino Salerno, esiste una delle centrali solari più grandi del mondo).
La ricerca è fondamentale per lo sviluppo delle energie rinnovabili ma i fondi ad essa destinati continuano ad essere tagliati (nei soli cinque anni di governo Berlusconi i fondi alla ricerca sono stati tagliati in modo scellerato).

NEL MONDO
Il ritmo di crescita delle energie rinnovabili dipenderà dalle decisioni politiche dei vari governi ma anche dai grandi settori industriali che forniscono idrocarburi..

L’industria dei combustibili fossili, i governi dei paesi produttori di petrolio, i più grandi consumatori di greggio (Usa e Cina), pongono una forte opposizione allo sviluppo delle energie pulite.

Ma di fronte all’enorme macchina che costruisce nuovi oleodotti nel mondo, che fa spostare centinaia di petroliere negli oceani ogni giorno, si deve lavorare controcorrente operando nel locale, rendendo via via sempre più autonomi paesi, città, interi stati, dall’energia prodotta bruciando combustibili fossili.

I segnali sono abbastanza positivi a riguardo, e le tecnologie per le energie rinnovabili iniziano ad attrarre i grandi capitali di multinazionali come la Shell e la BP, che investono milioni nello sviluppo del settore.

Il fatto che anche i padroni dell’energia si stiano muovendo per porre il loro controllo sulle energie rinnovabili è una prova in più del fatto che l’era del combustibile si avvia al tramonto.

Bisognerà vigilare però sullo sviluppo di queste nuove energie, per evitare che diventino ancora una volta beneficio e fonte di ricchezza per pochi.
Ma il solare e l’eolico, per la loro possibilità di utilizzo in ogni luogo della Terra sono a riguardo davvero rivoluzionarie e potrebbero costituire una base di partenza per un mondo meno ingiusto.

-Lorenzo Pasqualini-

Fonti:
- Le Scienze, numero 453 (maggio 2006)
- National Geographic (agosto 2005)
- “State of the world-2003” (Janet Sawing)

28 aprile 2006

26 Aprile 1986: la nube di Cernobyl
La notte del 26 aprile 1986, esattamente 20 anni fa, il reattore numero 4 della centrale nucleare di Cernobyl, in Ucraina, esplodeva rilasciando radiazioni nell’arco di centinaia di chilometri. L’esplosione si verificò durante un esperimento condotto da alcuni addetti, e distrusse il tetto del reattore che non era sufficiente resistente da sopportare una simile pressione.
La centrale in realtà non era adatta a quel tipo di esperimenti, era piuttosto scarsa sul piano architettonico. Ma la gente che ci lavorava non lo sapeva, ed ignorava anche in buona parte la pericolosità delle radiazioni.
Inizialmente le autorità sovietiche (nell’86 l’Ucraina era ancora parte dell’URSS) non dissero nulla dell’accaduto: furono gli addetti di un’altra centrale nucleare, in Svezia, ad accorgersi di valori molto alti di radiazioni nell’aria, e a lanciare quindi l’allarme.

Ci vollero giorni perché le televisioni sovietiche parlassero apertamente del disastro, e questo perché fino all’ultimo i responsabili, i capi, cercarono di tenere sotto silenzio un disastro che li avrebbe in qualche modo danneggiati, sia nell’immagine che nella carriera.
I venti d’alta quota che in quei giorni soffiavano verso sud ovest spinsero la nube radioattiva attraverso l’Europa centrale fino all’Italia, dove giornali e tv avvisarono la popolazione con appelli a non mangiare verdure, a non bere latte di animali erbivori, ad evitare l’esposizione prolungata all’aria aperta, specialmente per bambini ed anziani.
Ma a Chernobyl? Quali effetti ci furono?
Negli attimi successivi all’esplosione furono mandati sul posto dei pompieri, per far loro spegnere l’incendio della centrale (che bruciò per giorni) ma nessuno avvisò loro dei gravi rischi che correvano, né tantomeno furono forniti di protezioni. Nei giorni successivi ebbero gravi peggioramenti dello stato di salute, e molti di questi morirono.
Operai furono chiamati a radunare i detriti radioattivi più pericolosi dentro quello che rimaneva del reattore, che fu coperto con sacchi di sabbia lanciati da elicotteri (circa 5.000 tonellate di sabbia durante la settimana successiva all'incidente) ed altri si sacrificarono per costruire un enorme sarcofago d'acciaio e di cemento che sigillò il reattore e il suo contenuto. Ancora oggi quel sarcofago è lì, ma molti ne denunciano lo stato di deterioramento.

Una vasta zona intorno alla centrale di Chernobyl fu evacuata (135 000 abitanti furono portati via dalle case di campagna e dalla vicina città di Prypat), ed ancora oggi è chiamata la “zona morta”. Sono i trenta chilometri più radioattivi della Terra, dove tutto è contaminato e non abita più nessuno, tranne alcune persone che sono tornate a vivere lì preferendo la morte invisibile delle radiazioni alla vita miserabile nelle periferie di Minsk (capitale della Bielorussia, non molto distante da Cernobyl).

Ancora oggi il reale numero delle vittime della tragedia di Cernobyl è ignoto ma stime diverse danno comunque cifre impressionati: scienziati britannici hanno conteggiato fra i 30 e i 40mila morti di cancro in seguito alle radiazioni assorbite,
un documento della Iaea (agenzia internazionale per l’energia atomica) stima invece circa 4mila morti, e una stima di Greenpeace parla di 70milamorti soltanto in Russia.

Non è facile stimare il numero delle vittime perché le radiazioni hanno effetti di diverso tipo sull’organismo umano, e la morte può arrivare anche dopo molti anni.
A essere colpiti particolarmente sono stati i bambini che nell’86 avevano dagli zero ai cinque anni: l’inalazione di polveri contenenti l’isotopo radioattivo Iodio-131 hanno infatti provocato in molti di questi dei tumori alla tiroide.

C’è da contare poi le malformazioni che si verificano e si verificheranno nei futuri nati della zona, e la quantità enorme di donne che rinunciano di fare figli per il rischio di dare alla luce bambini deformi.
E poi c’è da considerare i danni psicologici: le decine di migliaia di persone evacuate da Prypat sono cadute in molti casi nella miseria, e la povertà sommata alla consapevolezza di avere in qualche modo assorbito del veleno invisibile dall’aria, ha creato in queste persone gravi danni dovuti a depressione o uso di alcool.

Infine c’è il discorso dell’ambiente: la nube radioattiva ha reso inutilizzabili 780.000 ettari di terreno agricolo e 700.000 ettari di foresta.


MA QUALI SONO GLI EFFETTI DELLE RADIAZIONI NUCLEARI SULL’UOMO?
Gli effetti delle radiazioni sugli umani sono diverse: ci può essere l’inattivamento di alcune cellule a seguito dell’irraggiamento di zone vitali di esse. Questo inattivamento provoca eritemi, danni alla pelle, agli occhi. La sindrome acuta da radiazioni, riscontrata nei pompieri e negli operai che lavorarono nella centrale, distrugge le cellule staminali del midollo, quelle dell’apparato gastro-intestinale, del sistema nervoso centrale e di quello cardiocircolatorio Un’altra grave conseguenza, la più tremenda, è il danneggiamento in maniera irreversibile del nucleo delle cellule, con la modificazione del codice genetico.

La mutazione del DNA provoca la nascita di cellule malformate, che a scala più ampia si traducono in deformità, danni a organi vitali.. Questi danni sono maggiormente sentiti nei bambini dagli zero ai quattordici anni, cioè in fase di crescita.

Proprio per venire incontro a questi bambini è nato nel 1994 un progetto di accoglienza da parte di famiglie italiane che li ospitano per alcune settimane all’anno.
Fino ad oggi ben 20 000 bambini di Cernobyl sono stati ospiti in Italia. In questo modo hanno avuto la possibilità di liberarsi di una buona percentuale di Cesio 137 assorbito nel loro paese.

Nelle settimane successive all’aprile 1986 grandi mobilitazioni di ambientalisti e cittadini in Italia (come quella del 10 maggio, che portò 200 000 persone in piazza)chiesero la fine dell’uso del nucleare nel nostro paese.
Nello stivale infatti erano presenti nell’86 quattro centrali nucleari, gestite dall’ENEA (ente nazionale per l’energia atomica). La forte mobilitazione portò alla raccolta di un milione di firme per richiedere un referendum popolare con a tema l’abrogazione del nucleare, e il referendum si fece, precisamente nel novembre 1987, quindi un anno e mezzo dopo il disastro.
Vinse il si all’abrogazione, e dal 1987 le quattro centrali nucleari italiane sono spente. (Anche se il processo di spegnimento richiederà molti secoli, e nel frattempo c’è il problema dello smaltimento delle scorie…).

Negli ultimi tempi, a seguito delle crescenti preoccupazioni degli Stati sulla questione dell’energia, in Italia si sta tornando a parlare della convenienza o meno di tornare al nucleare.
C’è chi dice infatti che la pericolosità delle centrali ed il problema delle scorie “valgono la pena” in confronto ai gravi danni che il petrolio e il carbone portano all’ambiente.

Inoltre, come si sa, il petrolio sta per finire (questione di anni, di decenni?) e il carbone produce una quantità di inquinamento molto elevato che incrementa il cosiddetto effetto serra.
Ma ci sono dei però: per costruire una centrale nucleare servono diversi anni, e soprattutto servono costi altissimi e quindi un elevato sfruttamento di energia. Inoltre la questione dello smaltimento dei rifiuti radioattivi non è affatto secondario: bisogna trovare zone idonee al suo seppellimento, servono contenitori appositi e terreni geologicamente adatti (per esempio i depositi di salgemma, dove non c’è presenza di acqua). Serve un monitoraggio, e in più si deve tener conto che quei rifiuti continueranno ad essere un pericolo per secoli!
La vera grande soluzione in campo nucleare sarebbe quella di riuscire a ricreare sulla Terra la fusione nucleare che avviene nel Sole..
Ma per ora si tratta ancora di un traguardo scientifico lontano e incerto.

L’ENERGIA EOLICA E SOLARE, SU CUI SCRIVEREMO UN ARTICOLO Più APPROFONDITO NEL PROSSIMO NUMERO, POTREBBE ESSERE SE NON UNA SOLUZIONE TOTALE COMUNQUE UN IMPORTANTE ALLEGGERIMENTO DELLA DOMANDA DI ENERGIA DA COMBUSTIBILE..

Ci sono problemi anche qui, come le ampie superfici che i pannelli fotovoltaici richiedono per produrre una buona quantità di energia, i costi..
Ma la risposta potrebbe essere nella microgenerazione e cioè nella produzione di energia a piccola scala con generatori diffusi sul territorio;
se per esempio nel nostro assolato belpaese ogni casa, ogni palazzo, fossero forniti di pannelli solari, si riuscirebbe a ridurre di molto la domanda di energia elettrica proveniente da uso di combustibili e di energia nucleare. In poche parole ogni casa sarebbe dotata di una mini centrale che la renderebbe se non autonoma comunque molto meno dipendente dall’energia proveniente dalle grandi centrali.

Inoltre c’è il discorso dello spreco: se in inverno le finestre e i muri delle case fossero isolate termicamente si ridurrebbe l’uso delle caldaie, se si usassero lampadine a basso consumo e soprattutto se la gente fosse consapevole della preziosità dell’energia e riducesse gli sprechi.. l’uso di energia calerebbe.

Bisogna quindi assolutamente investire sulle energie alternative “pulite” e rinnovabili, e in questo il Sole e il vento sono una importante risposta, e far crescere nella gente una cultura del risparmio energetico.
(Lor.Pas.)