Gli ultimi dati UNEP (programma ambiente delle nazioni unite), parlano chiaro: dei 255mila Km quadrati di barriere coralline del mondo, circa il 70% è a serio rischio.
L’allarme è giunto dalla NASA, che ha monitorato 1700 immagini da satellite, giungendo alla seguente conclusione: il 20% di questo insostituibile patrimonio di biodiversità già sarebbe scomparso, un 24% è attualmente in serio rischio di collasso, mentre un restante 26% è minacciato a lungo termine.
Cosa sta causando questo disastro ambientale?
In primo piano figura il “global warming”, cioè il riscaldamento globale, che sta causando un’acidificazione degli oceani riflettendosi quindi fortemente sullo stato di salute delle barriere.
Anche l’inquinamento e l’aumento della melmosità dell’acqua hanno gravi conseguenze: quest’ ultimo fattore provoca una diminuzione della trasparenza delle acque, ostacolando i raggi solari e dunque il processo di fotosintesi delle alghe, indispensabili perché il corallo si sviluppi.
In proposito ricordiamo che i coralli crescono in zone tropicali, in acque trasparenti (e perciò non crescono nelle acque torbide che si trovano per esempio alla foce dei fiumi). Crescono in associazione alle alghe verdi, che sono organismi eufotici, (organismi che hanno bisogno di molta luce), e vivono perciò a basse profondità (non più di –40 m), lì dove i raggi
del Sole arrivano ancora in abbondanza.
Oltre al riscaldamento dell’acqua oceanica, all’aumento di inquinamento e della melmosità, bisogna considerare anche la pesca di frodo, che spesso viene effettuata con vere e proprie esplosioni sottomarine e che dà un forte contributo alla distruzione di questo meraviglioso ecosistema.
Le zone maggiormente deteriorate sono situate nel sud-est asiatico, dove il tasso di distruzione va dal 38% al 45%, mentre le barriere coralline che si trovano in Australia, nel Mar Rosso e nel Pacifico beneficiano di una maggiore salvaguardia ed hanno quindi un tasso di distruzione del 2-4%.
-Giulia Guidobaldi-
03 novembre 2006
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