28 aprile 2006

26 Aprile 1986: la nube di Cernobyl
La notte del 26 aprile 1986, esattamente 20 anni fa, il reattore numero 4 della centrale nucleare di Cernobyl, in Ucraina, esplodeva rilasciando radiazioni nell’arco di centinaia di chilometri. L’esplosione si verificò durante un esperimento condotto da alcuni addetti, e distrusse il tetto del reattore che non era sufficiente resistente da sopportare una simile pressione.
La centrale in realtà non era adatta a quel tipo di esperimenti, era piuttosto scarsa sul piano architettonico. Ma la gente che ci lavorava non lo sapeva, ed ignorava anche in buona parte la pericolosità delle radiazioni.
Inizialmente le autorità sovietiche (nell’86 l’Ucraina era ancora parte dell’URSS) non dissero nulla dell’accaduto: furono gli addetti di un’altra centrale nucleare, in Svezia, ad accorgersi di valori molto alti di radiazioni nell’aria, e a lanciare quindi l’allarme.

Ci vollero giorni perché le televisioni sovietiche parlassero apertamente del disastro, e questo perché fino all’ultimo i responsabili, i capi, cercarono di tenere sotto silenzio un disastro che li avrebbe in qualche modo danneggiati, sia nell’immagine che nella carriera.
I venti d’alta quota che in quei giorni soffiavano verso sud ovest spinsero la nube radioattiva attraverso l’Europa centrale fino all’Italia, dove giornali e tv avvisarono la popolazione con appelli a non mangiare verdure, a non bere latte di animali erbivori, ad evitare l’esposizione prolungata all’aria aperta, specialmente per bambini ed anziani.
Ma a Chernobyl? Quali effetti ci furono?
Negli attimi successivi all’esplosione furono mandati sul posto dei pompieri, per far loro spegnere l’incendio della centrale (che bruciò per giorni) ma nessuno avvisò loro dei gravi rischi che correvano, né tantomeno furono forniti di protezioni. Nei giorni successivi ebbero gravi peggioramenti dello stato di salute, e molti di questi morirono.
Operai furono chiamati a radunare i detriti radioattivi più pericolosi dentro quello che rimaneva del reattore, che fu coperto con sacchi di sabbia lanciati da elicotteri (circa 5.000 tonellate di sabbia durante la settimana successiva all'incidente) ed altri si sacrificarono per costruire un enorme sarcofago d'acciaio e di cemento che sigillò il reattore e il suo contenuto. Ancora oggi quel sarcofago è lì, ma molti ne denunciano lo stato di deterioramento.

Una vasta zona intorno alla centrale di Chernobyl fu evacuata (135 000 abitanti furono portati via dalle case di campagna e dalla vicina città di Prypat), ed ancora oggi è chiamata la “zona morta”. Sono i trenta chilometri più radioattivi della Terra, dove tutto è contaminato e non abita più nessuno, tranne alcune persone che sono tornate a vivere lì preferendo la morte invisibile delle radiazioni alla vita miserabile nelle periferie di Minsk (capitale della Bielorussia, non molto distante da Cernobyl).

Ancora oggi il reale numero delle vittime della tragedia di Cernobyl è ignoto ma stime diverse danno comunque cifre impressionati: scienziati britannici hanno conteggiato fra i 30 e i 40mila morti di cancro in seguito alle radiazioni assorbite,
un documento della Iaea (agenzia internazionale per l’energia atomica) stima invece circa 4mila morti, e una stima di Greenpeace parla di 70milamorti soltanto in Russia.

Non è facile stimare il numero delle vittime perché le radiazioni hanno effetti di diverso tipo sull’organismo umano, e la morte può arrivare anche dopo molti anni.
A essere colpiti particolarmente sono stati i bambini che nell’86 avevano dagli zero ai cinque anni: l’inalazione di polveri contenenti l’isotopo radioattivo Iodio-131 hanno infatti provocato in molti di questi dei tumori alla tiroide.

C’è da contare poi le malformazioni che si verificano e si verificheranno nei futuri nati della zona, e la quantità enorme di donne che rinunciano di fare figli per il rischio di dare alla luce bambini deformi.
E poi c’è da considerare i danni psicologici: le decine di migliaia di persone evacuate da Prypat sono cadute in molti casi nella miseria, e la povertà sommata alla consapevolezza di avere in qualche modo assorbito del veleno invisibile dall’aria, ha creato in queste persone gravi danni dovuti a depressione o uso di alcool.

Infine c’è il discorso dell’ambiente: la nube radioattiva ha reso inutilizzabili 780.000 ettari di terreno agricolo e 700.000 ettari di foresta.


MA QUALI SONO GLI EFFETTI DELLE RADIAZIONI NUCLEARI SULL’UOMO?
Gli effetti delle radiazioni sugli umani sono diverse: ci può essere l’inattivamento di alcune cellule a seguito dell’irraggiamento di zone vitali di esse. Questo inattivamento provoca eritemi, danni alla pelle, agli occhi. La sindrome acuta da radiazioni, riscontrata nei pompieri e negli operai che lavorarono nella centrale, distrugge le cellule staminali del midollo, quelle dell’apparato gastro-intestinale, del sistema nervoso centrale e di quello cardiocircolatorio Un’altra grave conseguenza, la più tremenda, è il danneggiamento in maniera irreversibile del nucleo delle cellule, con la modificazione del codice genetico.

La mutazione del DNA provoca la nascita di cellule malformate, che a scala più ampia si traducono in deformità, danni a organi vitali.. Questi danni sono maggiormente sentiti nei bambini dagli zero ai quattordici anni, cioè in fase di crescita.

Proprio per venire incontro a questi bambini è nato nel 1994 un progetto di accoglienza da parte di famiglie italiane che li ospitano per alcune settimane all’anno.
Fino ad oggi ben 20 000 bambini di Cernobyl sono stati ospiti in Italia. In questo modo hanno avuto la possibilità di liberarsi di una buona percentuale di Cesio 137 assorbito nel loro paese.

Nelle settimane successive all’aprile 1986 grandi mobilitazioni di ambientalisti e cittadini in Italia (come quella del 10 maggio, che portò 200 000 persone in piazza)chiesero la fine dell’uso del nucleare nel nostro paese.
Nello stivale infatti erano presenti nell’86 quattro centrali nucleari, gestite dall’ENEA (ente nazionale per l’energia atomica). La forte mobilitazione portò alla raccolta di un milione di firme per richiedere un referendum popolare con a tema l’abrogazione del nucleare, e il referendum si fece, precisamente nel novembre 1987, quindi un anno e mezzo dopo il disastro.
Vinse il si all’abrogazione, e dal 1987 le quattro centrali nucleari italiane sono spente. (Anche se il processo di spegnimento richiederà molti secoli, e nel frattempo c’è il problema dello smaltimento delle scorie…).

Negli ultimi tempi, a seguito delle crescenti preoccupazioni degli Stati sulla questione dell’energia, in Italia si sta tornando a parlare della convenienza o meno di tornare al nucleare.
C’è chi dice infatti che la pericolosità delle centrali ed il problema delle scorie “valgono la pena” in confronto ai gravi danni che il petrolio e il carbone portano all’ambiente.

Inoltre, come si sa, il petrolio sta per finire (questione di anni, di decenni?) e il carbone produce una quantità di inquinamento molto elevato che incrementa il cosiddetto effetto serra.
Ma ci sono dei però: per costruire una centrale nucleare servono diversi anni, e soprattutto servono costi altissimi e quindi un elevato sfruttamento di energia. Inoltre la questione dello smaltimento dei rifiuti radioattivi non è affatto secondario: bisogna trovare zone idonee al suo seppellimento, servono contenitori appositi e terreni geologicamente adatti (per esempio i depositi di salgemma, dove non c’è presenza di acqua). Serve un monitoraggio, e in più si deve tener conto che quei rifiuti continueranno ad essere un pericolo per secoli!
La vera grande soluzione in campo nucleare sarebbe quella di riuscire a ricreare sulla Terra la fusione nucleare che avviene nel Sole..
Ma per ora si tratta ancora di un traguardo scientifico lontano e incerto.

L’ENERGIA EOLICA E SOLARE, SU CUI SCRIVEREMO UN ARTICOLO Più APPROFONDITO NEL PROSSIMO NUMERO, POTREBBE ESSERE SE NON UNA SOLUZIONE TOTALE COMUNQUE UN IMPORTANTE ALLEGGERIMENTO DELLA DOMANDA DI ENERGIA DA COMBUSTIBILE..

Ci sono problemi anche qui, come le ampie superfici che i pannelli fotovoltaici richiedono per produrre una buona quantità di energia, i costi..
Ma la risposta potrebbe essere nella microgenerazione e cioè nella produzione di energia a piccola scala con generatori diffusi sul territorio;
se per esempio nel nostro assolato belpaese ogni casa, ogni palazzo, fossero forniti di pannelli solari, si riuscirebbe a ridurre di molto la domanda di energia elettrica proveniente da uso di combustibili e di energia nucleare. In poche parole ogni casa sarebbe dotata di una mini centrale che la renderebbe se non autonoma comunque molto meno dipendente dall’energia proveniente dalle grandi centrali.

Inoltre c’è il discorso dello spreco: se in inverno le finestre e i muri delle case fossero isolate termicamente si ridurrebbe l’uso delle caldaie, se si usassero lampadine a basso consumo e soprattutto se la gente fosse consapevole della preziosità dell’energia e riducesse gli sprechi.. l’uso di energia calerebbe.

Bisogna quindi assolutamente investire sulle energie alternative “pulite” e rinnovabili, e in questo il Sole e il vento sono una importante risposta, e far crescere nella gente una cultura del risparmio energetico.
(Lor.Pas.)

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