12 giugno 2006

TEMPI MODERNI

Che cos'è la Globalizzazione?

Dopo la caduta dell’URSS e quindi la fine del socialismo al potere, il sistema economico capitalistico ha vinto su tutti i fronti, rimanendo incontrastato.

Esso però ha vinto a causa del fallimento altrui, (il fallimento del sistema economico socialista) e non perché sia il modo migliore di vivere: ha infatti al suo interno gravi contraddizioni, ed è causa di forti ingiustizie nel mondo oltre che della distru-zione dell’ambiente.

Il capitalismo è cambiato nel corso dei decenni, assumendo via via forme diverse; dal 1991 (crollo dell’URSS) ci troviamo in una fase
di “seconda rivoluzione capitalista”, chiamata Globalizzazione economica.
E’ il tentativo (tentativo che sta riuscendo) dei grandi gruppi finanziari, delle società private, delle multinazionali, di creare nel mondo un unico enorme mercato dove le merci possano circolare libera-mente, senza ostacoli.

Gli ostacoli al libero scambio però sono le leggi che tutelano i diritti umani e sindacali di chi lavora, le leggi che tutelano l’ambiente dallo sfruttamento esagerato.
La globalizzazione non si ferma dinanzi ad essi, perché il suo obiettivo è realizzare denaro nel modo più rapido e conveniente possibile.
Quindi i diritti umani e sindacali, la tutela dell’ambiente, diventano carta straccia per questa nuova forma di capitalismo, e vengono continuamente calpestati.

Ai nuovi padroni del mondo, cioè coloro che sono a capo dei grandi gruppi industriali e finanziari, non importa se la produzione di una determinata merce viene fatta con lo sfruttamento dei lavoratori, magari anche minorenni (e oggi nel mondo oltre 300 milioni di bambini vengono sfruttati brutalmente).
Non importa se l’industria che produce il tale prodotto inquina e distrugge l’ambiente; a loro interessa solamente che quella merce venga prodotta con il costo più basso possibile, e che sia quindi il più possibile competitiva sul mercato.
Non guardano certo al modo in cui essa è stata prodotta!

A COSA PORTA L’UNIFICAZIONE DEI MERCATI?
Uno degli effetti più vistosi della globalizzazione è l’omologazione degli abitanti del pianeta.

Tutti diventano consumatori dello stesso tipo di merci (e le pubblicità giocano in questo un ruolo decisivo) mentre chi non può accedervi, perché troppo povero, è tagliato fuori.
Questa gente “tagliata fuori” dal commercio è oggi la stragrande maggioranza degli abitanti del mondo, e nonostante la produzione globale di alimenti di base rappresenti oltre il 110% del fabbisogno mondiale (tradotto: basterebbe per tutti), 30 milioni di persone muoiono di fame ogni anno e 852 milioni soffrono la malnutrizione.
Il reddito dei più ricchi supera di 82 volte quello dei più poveri e dei 6 miliardi di persone che popolano il pianeta soltanto 500 milioni vivono nell’agiatezza. Molti di questi “miserabili” lavorano, sfruttati e malpagati, nelle industrie che producono merci, merci a cui essi non avranno mai accesso, oppure emigrano, in cerca di fortuna, nei paesi ricchi, dai quali però vengono scacciati.

Parlavamo della pubblicità;
nel mondo globa-lizzato essa diventa, per i potenziali consumatori, una sorta di bacchetta magica che “crea” bisogni, convince milioni di persone dell’utilità o della bontà di un determinato prodotto, e in questo modo mette in movimento un gigantesco meccanismo di produzione e profitto.

Con la globalizzazione diventa merce anche la cultura e l’informa-zione: i telegiornali diffondono solo una parte delle notizie, tacendo su quelle scomode al Potere (violazioni dei diritti umani ad opera di multinazionali, guerre in paesi “dimenticati”, decisioni prese dai grandi organi come
Wto, Banca mondiale eccetera), mentre proliferano i programmi tv e i giornali di pettegolezzo, che hanno certamente più successo di un documentario culturale serio ed approfondito, e che quindi rendono di più, ma fanno marcire il cervello di milioni di persone, le quali lentamente ma inesorabilmente vengono addormentate, fino a diventare soltanto macchine passive, consumatrici di merci, senza un minimo di consapevolezza..

Inoltre questi programmi mettono spesso in moto grandi meccanismi che fanno crescere ancor di più il profitto di qualcuno: l’abbigliamento degli attori famosi o dei calciatori, i prodotti sponsorizzati nello sport, tutto viene preso e utilizzato per produrre soldi.

Anche il viaggio diventa merce: nascono i “pacchetti turistici”, viaggi preconfezionati che portano il pubblico pagante in luoghi lontani, sistemandoli in alberghi o villaggi turistici dove non si ha la minima percezione di quali siano le culture e gli usi locali, e in cui le usanze più “da cartolina” vengono prese a prestito ed usate anch’esse come merce (vendita di oggetti “locali” finti, indigeni del luogo vestiti in abiti folkloristici che “allietano” il turista...)

Si tratta di una mercificazione del viaggio, che viene così svilito della sua importanza; viaggio significa muoversi per conoscere culture diverse, capirle… (ed è capendo le altre culture che può nascere un mondo più solidale). Non significa usufruire di piscine e di mari azzurri esotici, senza però uscire dalle mura di un villaggio turistico dove magari si mangia come nel proprio paese.
[Drammatica parentesi è quella del turismo sessuale: migliaia di uomini occidentali, e il fenomeno è in crescita, si muovono ogni anno dai loro paesi per “andare a donne” nei paesi poveri; a riguardo c’è l’esempio del Brasile, dove il giro del turismo sessuale fa fatturare ogni anno milioni di dollari a singoli criminali, gruppi mafiosi: essi sfruttano ragazze giovanissime, a volte bambine, vendute ai bordelli dalle loro famiglie oppure rapite, costringendole a prostituirsi con uomini ricchi che sono venuti da lontano apposta per questo. Cos’è questo se non un altro aspetto della globalizzazione? Una macchina tremenda che arricchisce alcuni, e fa di questi pochi ricchi i padroni assoluti.]

Il trionfo del Re denaro porta inevitabilmente con se anche immoralità, corruzione..
Basti pensare allo sport: da quando il calcio (ma la stessa cosa vale per altri sport) è diventato fenomeno di massa, merce da vendere a milioni di spettatori, il gusto del gioco è stato soppiantato dal bisogno di “fare soldi” ed ecco allora le società calcistiche diventare società per azioni (quotate in borsa), e palate di soldi entrare grazie ai diritti televisivi e agli sponsor… E poi la pressione sugli atleti (pagati a prezzi d’oro) crescere, con il conseguente uso di droghe…
E poi la corruzione degli arbitri, il tutto, ancora una volta, volto al profitto, al fare soldi! (E’ di quest’ ultimo mese la notizia che importanti squadre di serie A, in Italia, compravano gli arbitri, spostando a loro favore il risultato delle partite).

Anche l’istruzione diventa merce, ed ecco il tentativo di rendere scuole e università unicamente private, fatto che permetterebbe solo ai ricchi di accedere all’istruzione.
E poi ancora, il tentativo di privatizzazione di beni comuni come l’acqua, il cibo, per trarre profitto anche da essi.

Ma per fortuna, di fronte a questa ondata crescente della globalizzazione, che CONSUMA TUTTO, FA SPRECARE ENORMI QUANTITà DI RISORSE NATURALI, PRODUCE TROPPO SENZA RIUSCIRE A SFAMARE LA GRAN PARTE DEGLI ABITANTI, E INTOSSICA IL PIANETA RICOPRENDOLO DI RIFIUTI, è nata una vivace protesta.


C’è chi lo chiama “movimento no-global”, proprio perché si oppone alla globalizzazione, ma si tratta di una enorme rete di associazioni, organizzazioni non governative ecc., che si battono nel locale affinché il mercato e il settore privato non si approprino dei beni pubblici e sociali (vedi le lotte contro la privatizzazione dell’acqua), che manifestano assediando i vertici dove i paesi ricchi decidono le sorti del mondo, per alzare l’attenzione della gente e fargli capire che “lo stato di cose attuale non va bene”, con la povertà che continua ad essere la regola ed il benessere l’eccezione, e che “si può cambiare”.
Questi movimenti, che hanno fatto il loro “esordio”a Seattle nel 1999, o forse prima, nel 1994 con l’insurrezione zapatista in Messico, e che hanno continuato, sempre più numerosi, a Davos, Genova, Praga, Cancun… non contestano soltanto: hanno creato delle realtà chiamate “forum sociali mondiali” dove ogni anno (dal gennaio del 2001 con il forum di Porto Alegre in Brasile), si riuniscono migliaia di persone della società civile di tutto il mondo per unire le proprie conoscenze ed esperienze e tentare di costruire un’alternativa al capitalismo globalizzato.

Non si tratta di qualche sparuto sognatore-illuso: si tratta di centinaia di migliaia di persone che nei loro paesi portano avanti lotte importanti (vincendo in certi casi), frenando il disastro che la globalizzazione provoca. Sono anche sognatori, perché non si arrendono, non dicono “tanto è tutto troppo enorme e complicato per riuscire a cambiarlo” ma si battono, nel locale, accendendo fuochi un po’ ovunque.
E’ in questo modo, togliendo il terreno sotto ai piedi del nuovo capitalismo che si potrà arrivare a un mondo meno miserabile e inquinato. La vittoria dei boliviani che hanno impedito la privatizzazione dell’acqua nel loro paese, la creazione di comunità autonome in Chiapas, dove le terre sono state sottratte alle multinazionali, e ancora la creazione di mercati alternativi di merci prodotte in modo equo e solidale, sono alcuni dei tanti esempi di fuochi che un po’ in tutto il mondo si stanno accendendo contro questa nuova forma arrogante e devastante di potere

IL NUOVO POTERE
In quest’epoca di globalizzazione economica gli Stati nazionali hanno sempre meno potere decisionale, sovrastati da istituzioni ben più potenti, e il voto democratico dei cittadini risulta sempre meno determinante; queste istituzioni sono quelle che si occupano del denaro, della circolazione delle merci. Sono quattro: il WTO, la Banca mondiale, il Fondo monetario Internazionale e l’OCSE.
Vediamo in sintesi cosa sono:

- il WTO
E’ la World Trade Organization, cioè l’organizzazione mondiale per il commercio (Omc).
E’ nata nel 1995 come evoluzione del precedente accodo chiamato Gatt, a sua volta nato nel ’48 per favorire il commercio internazionale dei beni. Lo scopo principale del WTO è quello di favorire gli scambi di merci fra i paesi del mondo aumentando sempre più il volume del commercio internazionale. Questo obiettivo viene raggiunto mediante una progressiva diminuzione dei dazi e delle tariffe doganali, oltre che delle leggi e norme nazionali che ostacolano il libero commercio.
Facciamo qualche esempio di come tutto ciò si traduce nei fatti: alla fine degli anni’90 il governo degli USA varò una legge che avrebbe impedito ai pescatori di tonno di usare reti a strascico, per evitare che anche i delfini finissero uccisi. La legge prevedeva che le scatolette di tonno avrebbero dovuto riportare l’etichetta “dolphin free” ad indicare metodi di pesca ambientalmente più sostenibili.

Il WTO però sentenzio che si trattava di una legge discriminatoria; “il tonno è un tonno indipendentemente da come viene pescato”, dissero, e obbligarono gli Usa a tornare sui loro passi.

Analogamente ai delfini per il Wto un pallone da calcio, o una scarpa, o un qualsiasi prodotto realizzato sfruttando il lavoro minorile oppure utilizzando manodopera sottopagata, e senza diritti sindacali, è esattamente uguale a un lavoro realizzato da lavoratori tutelati; ed è facile immaginare che è molto più conveniente per una azienda dare paghe basse ai suoi lavoratori, non dover rispettare norme di sicurezza o diritti umani, piuttosto che il contrario!
La stessa cosa vale in campo ambientale: è più conveniente costruire una fabbrica in un paese dove lo Stato non ne regolamenti la costruzione con norme e vincoli!

Il WTO dunque non si pone problemi “etici”: esso ha come fine la sempre maggiore circolazione delle merci, volto com’è alla creazione di un unico grande mercato globalizzato, e se ne infischia dei diritti umani e della tutela dell’ambiente.

Gli Stati, le nazioni, sono deboli di fronte al WTO in quanto trasgredendo le sue regole si può incorrere in pesanti sanzioni economiche (multe salate).
E’ facile immaginare quindi che su molte decisioni in campo di diritti umani-sindacali e di tutela dell’ambiente, le Nazioni non hanno più voce in capitolo!
Ecco il paradosso dei tempi moderni: in un’epoca in cui il numero di regimi dittatoriali è calato fortemente rispetto a soltanto vent’anni fa, le ingiustizie a danno delle persone crescono continuamente, e con esse il saccheggio delle risorse, l’inquinamento.

Fra le regole del WTO c’è anche il fatto che uno Stato non può trattare un’impresa estera (installatasi nel suo territorio) meno bene di quanto non faccia con un’impresa nazionale. Diventa quindi impossibile per gli Stati membri accordare una preferenza alle proprie imprese e, specie nei paesi del sud del mondo, finisce che le multinazionali fanno quel che gli pare, arricchendosi sul suolo altrui senza portare il minimo beneficio all’economia locale!


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FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE E BANCA MONDIALE-

Questi due organi nascono nel 1944 con l’obiettivo di fissare le regole del nuovo ordine economico internazionale al termine della seconda guerra mondiale.


Il FMI doveva vigilare sullo stato di salute dell’economia e della finanza mondiali, garantendo stabilità alle valute dei vari paesi e dando un sostegno finanziario ai paesi in momentanea difficoltà.

La BM invece era nata come organismo di assistenza nell’opera di ricostruzione dei paesi distrutti dalla guerra.

A partire dagli anni ’70 però la funzione dei due organismi si è un po’ modificata; la Banca mondiale ha iniziato ad elargire enormi quantità di prestiti ai paesi del sud del mondo, i più poveri, che però senza la possibilità di ripagarli hanno cominciato a indebitarsi sempre più…
Secondo i decisori della BM e del Fondo Monetario questi prestiti avrebbero dovuto permettere la realizzazione di grandi opere infrastrutturali e il miglioramento dell’economia di questi paesi. Ma in realtà questi paesi hanno solo aumentato il loro debito, ed esso è diventato la catena che blocca il loro sviluppo autonomo, un fardello enorme che li schiaccia impedendogli di uscire dalla povertà. La necessità di rimborsare il debito ha spinto i paesi del Sud a una corsa all’aumento delle produzioni per l’ esportazione; ciò ha reso le economie locali dipendenti da pochi prodotti.

Così molti di questi paesi, un tempo autosufficienti, si sono visti costretti a importare generi alimentari di prima necessità in quanto le terre migliori da sempre destinate alla produzione per il consumo locale erano state riconvertite a prodotti da esportazione quali il caffè, il cacao…

In questo contesto si è inserita anche la “rivoluzione verde” gestita e sospinta dalla BM: con l’idea che le produzioni locali non erano in grado di assicurare il sostentamento delle popolazioni locali si è passati a coltivazioni ad alto rendimento, con uso intensivo di pesticidi..
L’ambiente ne è rimasto sconvolto, e i benefici sono andati non alle popolazioni locali bensì ai padroni delle multinazionali ed ai latifondisti.

Mentre la Banca concede sempre più prestiti ai paesi del Sud, il Fondo, da supervisore della stabilità finanziaria internazionale è diventato guardiano e controllore di questi stessi paesi, facendosi arbitro delle liberalizzazioni del mercato, delle privatizzazioni.
L’Argentina è l’esempio da manuale di ciò che questi due organismi fanno; il paese è stato per oltre dieci anni “l’allievo” modello del fondo monetario, privatizzando tutti i beni pubblici e statali: petrolio, miniere, elettricità, acqua, telefonia, ferrovie, servizio postale, tutto è stato venduto ai privati.

Ha inoltre liberalizzato completamente il commercio con l’estero (quindi i prodotti più a basso costo provenienti dall’estero hanno messo in ginocchio le aziende locali), ha licenziato e diminuito lo stipendio a decine di migliaia di lavoratori per ridurre il deficit pubblico. La banca mondiale nel frattempo ha continuato con i suoi prestiti, indebitando ancor di più il paese (il debito dell’Argentina in dieci anni si è moltiplicato per sedici)finchè la situazione, nel dicembre 2001, non è esplosa: il paese, svuotato di tutto ciò che aveva di pubblico, ha assistito a una “fuga di capitali all’estero”, rimanendo totalmente a secco.
Il denaro ha subìto una svalutazione improvvisa e milioni di abitanti si sono ritrovati senza più nulla, a fare la coda davanti alle banche per poi scoprire che non era rimasto nulla dei loro patrimoni.
In quel dicembre del 2001, mentre gli argentini sprofondavano nella miseria e scendevano per strada in rivolta, i capi delle fabbriche, i dirigenti di aziende, banche, e di tutte le società una volta pubbliche ma ora privatizzate, fuggivano all’estero, per mettere al sicuro soldi e pelle.
E’ allora che è nata la vicenda emblematica delle fabbriche abbandonate autogestite dagli operai, una vicenda emblematica (raccontata nel bel film “the take”, di Avi Lewis), che dimostra come siano possibili vie diverse dal capitalismo.

Quali sono le proposte dei movimenti per cambiare queste istituzioni? Essi puntano alla soluzione meno impossibile, per il momento, e cioè che questi organismi vengano riformati e riportati sotto il pieno controllo dell’ONU. Sarebbe il primo passo.
Certo è che essi non sono organismi di aiuto ma al contrario fra i responsabili principali delle gravi disuguaglianze presenti nel mondo; basti pensare che la Banca mondiale ha veicolato nell’Africa sub-sahariana una mole enorme di aiuti economici (270 miliardi di dollari dagli anni 70 ad oggi), eppure i paesi di quell’area sono molto più poveri di come erano trent’anni fa.

La verità è che Banca mondiale e Fondo Monetario hanno finanziato opere che sono andate unicamente a beneficio di multinazionali e settori privati, senza perciò aiutare le economie locali.
Hanno obbligato decine di paesi ad attuare privatizzazioni e liberalizzazioni, le quali hanno avuto come effetto:
maggiore povertà, maggiori disparità sociali. Il finanziamento di enormi opere come oleodotti, gasdotti, dighe eccetera, hanno determinato danni ambientali gravissimi.

IN CONCLUSIONE

Il discorso sulla Globalizzazione è enormemente più ampio e complesso e ci sarebbe da parlare ancora molto.

Vorrei però sottolineare ancora quelli che sono tre punti importantissimi:
1. la globalizzazione vuole ridurre il mondo a un grande mercato, ma ciò comporta e comporterà disastri enormi.
2. i singoli stati, i governi, sono ormai impotenti di fronte a certe decisioni, e sono le nuove istituzioni come Wto e Fmi a decidere le regole del gioco: le democrazie sono state svuotate dei loro contenuti.
3. esiste chi si ribella a tutto questo.

Per questi contestatori è di primaria importanza il “disarmo del potere finanziario”.
I modi ci sono, sono tanti, anche se probabilmente ancora senza nome.
Ma è certamente meglio battersi per trovarli, è certamente meglio indignarsi contro le ingiustizie e lottare perché esse siano sconfitte, piuttosto che buttarsi su un divano con in testa la malinconia della frase: “tanto non cambierà”

“Abbi il coraggio di percorrere strade che nessuno ha ancora percorso, di pensare idee che nessuno ha ancora pensato”
(scritta su un muro di Parigi, maggio francese 1968)

-Lorenzo Pasqualini-

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