03 aprile 2007

Le basi U.S.A. in Italia

Cosa sono e perché ci sono.

Le basi militari sono luoghi utilizzati dalle forze armate per depositare armi, mezzi, velivoli, uomini, antenne radar utili al controllo dello spazio aereo, per addestrare le truppe e permettere il loro soggiorno. Le zone occupate dalle basi sono chiamate “servitù militari”, perché sono parti di territorio totalmente asservite alle forze armate. In queste zone nessun cittadino ha la possibilità di costruire fabbricati o utilizzare terreni agricoli. Le leggi n. 898 del 24.12.1976 e n. 104 del 02.05.1990 prevedono l’erogazione di un indennizzo in denaro a tutti coloro che hanno proprietà in zona asservita, (dove per proprietà si intende un terreno agricolo o una costruzione) proprio perché quelle zone sono inutilizzabili una volta cedute alle forze armate.

Le basi possono avere estensioni e scopi diversi. Ci sono basi che consistono “semplicemente” in depositi di munizioni, altre che hanno impianti radar per il controllo dei cieli, altre ancora sono stazioni di tele-comunicazione. Esistono grandi basi che si estendono per decine e decine di ettari e nelle quali vengono depositate armi, mezzi militari, aerei, truppe, e sono dotate di piste per il decollo e l’atterraggio dei velivoli, e ce ne sono altre navali e sottomarine, che supportano quindi l’attività della marina militare.

In Italia ci sono molte basi militari: una parte sono italiane e sono quindi usate esclusivamente dalle forze armate italiane, ma in virtù di accordi segreti attuati nel dopoguerra con gli USA, ve ne sono molte appartenenti alla NATO ed altre ancora unicamente usate dalle forze armate americane.

Dal rapporto ufficiale del Pentagono, “Base Structure Report 2005”, risulta che le forze armate statunitensi possiedono nel nostro paese 1.614 edifici, con una superficie di 892 mila metri quadri, e hanno in affitto 1.190 edifici, con una superficie di 886 mila m2. Il personale addetto a tali basi ammonta a 14.000 militari e 5.140 civili, per un totale di circa 20 mila persone.

Da un “censimento” fatto dalla rivista “Carta” nel 2003, risulta che le installazioni militari statunitensi in Italia sono 113.

L’elenco completo di queste basi-installazioni è consultabile sul web
all’indirizzo: www.carta.org/rivista/settimanale/2003/06/06elencobasi.htm

(nella figura qui a sinistra: la dislocazione delle basi USA e NATO in Italia- fonte: rivista "Carta"- www.carta.org )




Le zone occupate da basi militari americane godono di extra territorialità, e nessun italiano (né la magistratura, né i parlamentari, né i giornalisti, né le forze dell’ordine) hanno il diritto e la possibilità di entrarvi. Essi non possono quindi vedere cosa ci sia al loro interno e cosa venga fatto.
Godono di extraterritorialità anche le ambasciate, in ogni parte del mondo, ma è facile capire che un edificio che ospita una ambasciata è molto diverso in confronto ad una zona di territorio ampia diversi
ettari e piena di armamenti…

Per queste ultime si tratta in pratica di micro-stati, zone non italiane, come può essere per san Marino o per la città del Vaticano. Con la differenza che a san Marino e san Pietro non vi sono arsenali pieni di bombe e carri armati.

Il fatto che queste basi godano di extraterritorialità permette alle forze armate anche un’altra cosa: essi possono avviare operazioni belliche in qualsiasi momento senza chiedere il permesso allo Stato della Repubblica italiana (nella cui costituzione, ricordiamolo, all’articolo 11 c’è scritto: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…”). Il nostro territorio è quindi semplicemente una rampa di lancio.



Le basi U.S.A. o più in generale della Nato, in Italia, sono state costruite in buona parte all’indomani della seconda guerra mondiale, nel periodo della guerra fredda fra il blocco sovietico e quello atlantico.
Avevano lo scopo di “proteggere” l’Italia da un eventuale espansione dell’URSS e permettevano agli USA di attestare truppe e mezzi militari a pochi chilometri dai paesi del blocco sovietico. L’Italia si trova a poche decine di chilometri dalla ex-Iugoslavia, che a quei tempi era sotto il controllo sovietico, e questo ne ha fatto un importantissimo avamposto, un territorio di gran rilevanza strategica.

Gli Stati Uniti hanno portato avanti per tutti i decenni del dopoguerra, fino agli anni 90 (caduta dell’URSS) un controllo fortissimo dell’Italia (così come nelle altre nazioni dell’Europa occidentale), per impedire che si affermasse il comunismo.
Recentemente dopo anni e anni di indagini da parte dei magistrati italiani, rese assai complicate dai depistaggi e dai segreti di stato, è emerso che esistevano nel nostro Paese, nascoste all’interno delle basi della Nato, bande paramilitari clandestine che avevano come scopo quello di entrare in azione non appena vi fosse stato un pericolo di invasione sovietica dell’Italia. Una di queste formazioni paramilitari era GLADIO, che la magistratura italiana ha considerato recentemente “organizzazione eversiva dell’ordine costituzionale”. Quello che i magistrati hanno sottolineato è che queste bande non svolgevano solo un ruolo di difesa “aspettando al varco il nemico comunista”, ma agivano attivamente nel territorio italiano per condizionare pesantemente la vita politica e i risultati delle elezioni.

Una delle azioni su cui essi avevano una certa influenza è quella nota sotto il nome di “strategia della tensione”: attraverso attentati tremendi che causavano stragi di civili la cui colpa veniva addossata a gruppi di sinistra, si creava un clima di tensione, si criminalizzavano i tanti movimenti di lotta e lo stesso partito comunista, spostando da sinistra a destra l’ago della bilancia dei risultati elettorali.
È ormai provata la stretta relazione fra attentatori (neofascisti) e strutture segrete anche internazionali, fra cui non mancano i servizi segreti americani, in numerosi attentati avvenuti negli anni 60-70 in Italia. Le basi americane avevano in quest’ottica il ruolo di nascondiglio per i paramilitari, oltre che di luoghi per l’addestramento.
Altra cosa assai grave (dal momento che l’Italia è una Repubblica nella quale la sovranità appartiene al popolo, il quale la esercita attraverso le elezioni), è che questo esercito segreto nascosto nelle basi americane dislocate in Italia, sarebbe potuto entrare in azione anche nel caso di vittoria dei comunisti alle elezioni.
È per questo che i magistrati hanno definito Gladio una formazione eversiva dell’ordine costituzionale.
[su questo argomento esiste una quantità enorme di materiale, parte del quale è ormai definitivamente provato e non più una pura “ipotesi”. Troppo lungo sarebbe parlarne in questo articolo, ma è importante sapere che in libreria così come su internet sono presenti moltissimi documenti a riguardo]
(nella foto: 12 dicembre 1969, bomba di piazza fontana)

La conclusione di questa parentesi è dunque che grazie alle basi gli Usa hanno potuto tenere sotto controllo l’Italia durante la guerra fredda.
Ma oggi, viene da chiedersi, perché le basi americane sono ancora qui, se la guerra fredda è finita da sedici anni?
L’assetto geopolitico mondiale si è evoluto tantissimo dagli anni ‘90 ad oggi e tuttora sta cambiando. Ci sono nuovi rapporti di forza fra le potenze, gli Stati Uniti sono diventati la maggior potenza militare ed economica (sempre più contrastati però dalla Cina, che cresce a ritmi enormi) e sono impegnati in quella che essi chiamano “global war at terror” cioè la guerra globale al terrore. Dall’attacco alle torri di New York dell’11 settembre 2001 (terribile attentato in cui morirono tremila civili e su cui però ancora vi sono da chiarire molte cose, come dimostra la crescente quantità di cittadini americani che dopo essersi documentati hanno espresso grandi dubbi sulla versione ufficiale data dal governo americano), gli USA hanno portato la guerra in Afghanistan e Iraq, accusando questi due paesi di essere basi del terrorismo islamico, e accusando l’Iraq di possedere armi di distruzione di massa (fatto che si è poi rivelato una falsità).

È evidente che il reale interesse degli USA è rivolto alle risorse energetiche presenti in medio-oriente (ed è questo il reale motivo delle guerre in Afghanistan e in Iraq e della grande preoccupazione” dimostrata dall’amministrazione Bush nei confronti di un’altra nazione ricca di petrolio: l’Iran).

Basta dare un’occhiata ad una carta geologica o ad una mappa che evidenzi la dislocazione dei giacimenti petroliferi, metaniferi ecc, per vedere come le zone “calde” del pianeta, quelle dove sono presenti conflitti o forti tensioni, sono proprio quelle dove maggiore è la quantità di risorse energetiche.
E i paesi bombardati dagli USA nella guerra al terrorismo, sono guarda caso fra i più ricchi di petrolio al mondo.

Ebbene, le basi americane dislocate in Europa e Italia hanno oggi un nuovo ruolo: servono come avamposto per le azioni belliche in medio-oriente e nell’Africa, e non è escluso che possano servire un domani per nuove guerre su altri fronti, sempre nel quadro della “global war at terror”.

Sono già servite per le azioni belliche della Nato in Kosovo del 1999 (gli aerei che hanno bombardato la Serbia dal 24 marzo al 9 giugno 1999 decollavano dalle basi militari poste in Italia, oltre che da portaerei ubicate nell’Adriatico), per le azioni degli USA in Afghanistan nel 2001 e per quelle in Iraq nel 1991 e nel 2003…(Da Camp Derby, base militare nei pressi di Livorno, è partito il 60% delle munizioni destinate alla prima guerra del golfo, e cifre simili si sono ripetute nel 2003).

Il fatto che le basi americane in Italia servano da avamposto per le guerre verso il sud del mondo sono fantasie di qualche pacifista? No.
Quale sia il ruolo di queste basi risulta evidente dal Rapporto presentato il 9 maggio 2005 al Presidente e al Congresso degli Stati uniti dalla Commission on Review of Overseas Military Facility Structure of the United States, disponibile sul web alla pagina

http://www.fas.org/irp/agency/dod/obc.pdf
«La rete globale delle basi statunitensi – si afferma nel rapporto – è lo scheletro su cui si modellano la carne e i muscoli della nostra capacità operativa», il cui scopo principale è quello di «perseguire i nostri interessi nel mondo». In tale quadro «la presenza statunitense in Europa resta cruciale».

Sempre da documenti ufficiali risulta che le basi statunitensi in Italia ed Europa servono a «mantenere l’influenza e la leadership statunitensi nella Nato: nella misura in cui rimangono in Europa significative forze statunitensi, la leadership può essere mantenuta». E’ dunque un documento ufficiale al massimo livello a dichiarare esplicitamente che la presenza militare statunitense in Europa serve non solo a proiettare forze nelle aree di interesse strategico, ma a mantenere l’Europa sotto la leadership statunitense.

Geografia delle basi.


Ecco una descrizione delle più grandi basi americane in Italia.

Aviano. [Pordenone]. È la più grande base avanzata, deposito nucleare e centro di telecomunicazioni dell'Usaf in Italia [ospita almeno tremila militari e civili americani ]. Nella base sono dislocate le forze operative pronte al combattimento dell'Usaf [un gruppo di cacciabombardieri]. Vi sono inoltre la Sedicesima Forza Aerea ed il Trentunesimo Gruppo da caccia dell'aviazione Usa, nonché uno squadrone di F-18 dei Marines. Si presume che la base ospiti, in bunker sotterranei la cui costruzione è stata autorizzata dal Congresso, decine di bombe nucleari, nel quadro di un accordo segreto e perciò mai discusso in parlamento (chiamato Stone Ax). Queste bombe nucleari sono solo una percentuale delle 480 armi atomiche dislocate in basi militari in tutta Europa,nel quadro dell’accordo NATO sulla “condivisione nucleare” [vedi il dossier di Greenpeace disponibile sul web all’indirizzo
http://p2-raw.greenpeace.org/raw/content/italy/ufficiostampa/rapporti/disarmo.pdf ]

Camp Ederle [Vicenza]. Quartier generale della Nato e comando della Setaf della Us Army, che controlla le forze americane in Italia, Turchia e Grecia. In questa base vi sono le forze da combattimento terrestri: un battaglione aviotrasportato, un battaglione di artiglieri con capacità nucleare, tre compagnie del genio. Importante stazione di telecomunicazioni. I militari e i civili americani che operano a Camp Ederle dovrebbero essere circa duemila.
A Vicenza è prevista la costruzione di una nuova base, nella zona dell’ex aeroporto Dal Molin:si parla di “allargamento” perché essa andrebbe ad appoggiare la già presente base di Ederle, ma il territorio sul quale verrà costruita è attualmente privo di installazioni militari. Contro questo progetto centinaia di migliaia di italiani si stanno mobilitando in questi mesi, sia per motivi ambientali che, soprattutto, per motivi politici di ripudio alla guerra.

Ghedi [Brescia]. Base dell'Usaf, stazione di comunicazione e deposito di bombe nucleari (una stima parla di 40 ordigni).


Camp Darby [Pisa]. Il Setaf (task force sud-europea) ha qui il più grande deposito logistico del Mediterraneo [circa 1.400 uomini e una quantità impressionante di munizioni, bombe, mezzi militari]. La base è


strettamente collegata tramite una rete di canali al vicino porto di Livorno, base di rifornimento delle unità navali di stanza nel Mediterraneo.
Camp Derby è anche l’ottavo gruppo di supporto Usa ed è Base dell'Ua Army per l'appoggio alle forze statunitensi al Sud del Po, nel Mediterraneo e nell'Africa del Nord. È da qui che sono partiti, a bordo di navi, gran parte dei mezzi e delle munizioni destinati all’Iraq, sia nella prima che nella seconda (e attuale) guerra del Golfo in Iraq. È in seguito a oscuri e ancora non noti movimenti di mezzi navali americani davanti al porto di Livorno che la sera del 10 aprile 1991 il traghetto Moby Prince è andato a sbattere contro una petroliera che si trovava alla fonda; morirono quella sera 140 persone. Gli Usa non hanno mai collaborato con gli italiani per fare luce sulla vicenda, e tuttora ci sono molte cose ancora da chiarire.
Nell’estate del 2000 invece, a causa del cedimento dei soffitti di otto depositi di munizioni presenti nella base, si creò una situazione di emergenza: in dodici giorni si dovettero rimuovere con robot telecomandati (data la pericolosità dell’operazione) oltre 100 mila munizioni, con un peso netto esplosivo di oltre 240 quintali, senza che né le autorità civili nè la popolazione fossero informate. Per rimuovere una vecchia bomba della seconda guerra mondiale trovata in qualche campo invece, si evacua la popolazione da tutta la zona circostante. E se qualcosa fosse andato storto? (nella foto: la recinzione intorno Camp Darby)

Capo Teulada [Cagliari]. Da Capo Teulada a Capo Frasca [Oristano ], all'incirca 100 chilometri di costa, 7.200 ettari di terreno e più di 70 mila ettari di zone "off limits": poligono di tiro per esercitazioni aeree ed aeronavali della Sesta flotta americana e della Nato. Spiagge bellissime vengono devastate durante le esercitazioni (esercitazioni in cui vengono usati proiettili e bombe vere).
Fra il 2003 e il 2004, i pescatori sardi della zona di Capo Teulada, hanno dato luogo a una serie di coraggiose proteste contro le continue esercitazioni aeronavali, violando il divieto di navigazione. I mass-media, in modo vergognoso, non diedero alcuna notizia di quelle proteste. Soltanto grazie alla stampa alternativa, alla “contro-informazio-ne” attraverso giornali liberi e radio-tv via web la notizia ha potuto girare. I pescatori uscirono in mare nonostante il categorico divieto dei militari americani, che addirittura rivolsero contro di loro alcuni colpi, per fortuna andati a vuoto. I pescatori chiedevano di riavere il “loro” mare, di poter pescare liberamente. E soprattutto chiedevano la bonifica di una vastissima zona di mare, totalmente inquinata da migliaia e migliaia di munizioni sparate durante le esercitazioni…
Nell’estate del 2004 alcuni proiettili sparati da una nave finirono per sbaglio a pochi metri dalle sdraio di alcuni turisti che prendevano il Sole su una spiaggia della zona. Per fortuna non vi furono conseguenze.

Napoli. Comando del Security Force dei Marines. Base di sommergibili Usa. Comando delle Forze Aeree Usa per il Mediterraneo. Porto normalmente impiegato dalle unità civili e militari Usa. Si calcola che da Napoli e Livorno transitino annualmente circa cinquemila contenitori di materiale militare.

San Bartolomeo [La Spezia]: Centro ricerche per la guerra sottomarina. Composta da tre strutture. Innanzitutto il Saclant, una filiale della Nato che non è indicata in nessuna mappa dell'Alleanza atlantica. Il Saclant svolgerebbe non meglio precisate ricerche marine. Poi c'è Maricocesco, un ente che fornisce pezzi di ricambio alle navi. E infine Mariperman, la Commissione permanente per gli esperimenti sui materiali da guerra, composta da cinquecento persone e undici istituti [dall'artiglieria, munizioni e missili, alle armi subacquee].

Sigonella [Catania]. Principale base terrestre dell'Us Navy nel Mediterraneo centrale, supporto logistico della Sesta flotta [circa 3.400 tra militari e civili americani ]. Oltre ad unità della Us Navy, ospita diversi squadroni tattici dell'Usaf: elicotteri del tipo HC-4, caccia Tomcat F14 e A6 Intruder, gruppi di F-16 e F-111 equipaggiati con bombe nucleari del tipo B-43, da più di 100 kilotoni l'una.

La base militare di Sigonella è nota in Italia per esser stata teatro di un evento storico:
Era il 12 ottobre 1985: pochi giorni prima un commando di palestinesi del Fronte di Liberazione della Palestina aveva preso in ostaggio oltre 400 passeggeri della nave italiana Achille Lauro, vicino alle coste dell’Egitto, chiedendo la liberazione di alcuni palestinesi arrestati. Un passeggero americano era stato ucciso. L’esito del sequestro fu la resa dei terroristi, che vennero fatti salire su un aereo egiziano diretto in Tunisia. Durante il volo però, quattro caccia americani costrinsero l’aereo civile a cambiare rotta e ad atterrare sulla pista della base americana di Sigonella, in Sicilia. Gli americani volevano infatti impadronirsi del commando, ma l’allora presidente del consiglio Bettino Craxi assunse una posizione di fermezza: “l’omicidio del turista americano è avvenuto in territorio italiano (sulla nave Achille Lauro) e perciò i palestinesi devono essere processati dalla giustizia italiana”, disse.
L’aereo egiziano, fermo sulla pista di Sigonella, fu accerchiato dai militari americani in tenuta da combattimento, ma per ordine della Difesa italiana furono fatti schierare a loro volta, attorno agli americani, i carabinieri italiani.
Furono momenti di tensione estrema, con il rischio di uno scontro a fuoco fra forze armate di due paesi alleati.
Alla fine gli americani rinunciarono all’accerchiamento e i dirottatori furono arrestati e consegnati alla giustizia italiana. Si è trattato di uno dei rari casi, se non l’unico, in cui l’Italia ha tenuto alta la testa nei confronti degli USA, non assecondando le sue richieste
.

- Lorenzo Pasqualini-

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